VanEck lancia BitBonds, strumento ibrido a vantaggio di governo e investitori

BitBonds, l'idea lanciata dalla società d'investimento VanEck per affiancare i Treasuries sul mercato sovrano statunitense. Ecco come.
2 settimane fa
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Bitbonds, come funzionerebbero?
Bitbonds, come funzionerebbero? © Licenza Creative Commons

Il governo americano si ritrova a finanziare una montagna di debiti entro i prossimi mesi. Numeri da fare tremare i polsi, frutto di una cattiva gestione delle finanze federali negli anni passati. Il mondo della finanza s’ingegna per offrire una qualche soluzione valida al presidente Donald Trump, che non sembra disdegnare alternative ai modus operandi tradizionali. E così Matthew Sigel, a capo della ricerca sugli asset digitali per VanEck, ha lanciato la proposta dei “BitBonds”, partecipando al Strategic Bitcoin Reserve Summit.

BitBonds, struttura e funzionamento

L’idea sarebbe che il Tesoro americano emettesse uno strumento ibrido, cioè per il 90% rappresentato dai Treasuries, i titoli del debito, e il restante 10% dai Bitcoin. L’acquisto di questi verrebbe finanziato con l’emissione di bond. I BitBonds avrebbero una durata di 10 anni e alla scadenza pagherebbero all’investitore l’intero capitale sborsato per l’acquisto del Treasury sottostante e il valore di allocazione del Bitcoin.

Inoltre, l’investitore otterrebbe il 100% del guadagno realizzato dalle quotazioni del Bitcoin fino a quando i BitBonds non avranno offerto il rendimento del 4,5% complessivo. Superata tale soglia, avrebbe diritto alla metà degli eventuali ulteriori guadagni. L’altra metà andrebbe allo stato, il debitore.

Vantaggi e rischi per investitori e governo USA

Grazie a questa proposta, sostiene l’esperto, il Tesoro sarebbe in grado di emettere debito con cedole inferiori rispetto a quelle attuali e a guadagnare nel caso di rialzo consistente della “criptovaluta”. Anziché una cedola del 4% per la scadenza decennale, ad esempio, potrebbe limitarsi anche all’1%. Risparmierebbe sugli interessi, ma è pur vero che Bitcoin dovrebbe registrare un tasso di crescita annuale significativo per giustificare l’investimento.

Dunque, la cedola non potrebbe essere troppo bassa, a meno che il mercato non scontasse entro la scadenza dei BitBonds un rialzo esplosivo delle quotazioni.

Pro e conto della proposta. Lo stesso Sigel riconosce che la struttura di questo strumento ibrido risulterebbe complessa. Anzitutto, lo stato dovrebbe rinunciare a parte dell’incasso, poiché il 10% dell’emissione tramite Bitcoin si tradurrebbe in un minore capitale riscosso sul mercato. Secondariamente, l’investitore si assumerebbe il rischio di quotazioni alla scadenza inferiori a quelle vigenti alla data dell’investimento. Rischierebbe di perdere parte del capitale, così come anche di ricevere complessivamente un rendimento inferiore a quello che avrebbe avuto acquistando un Treasury di pari durata.

Idea simile ai Bitcoin bond di El Salvador

Restano possibili miglioramenti per rendere BitBonds una soluzione semplice e con vantaggi reciproci per stato e investitori. Qualcosa di simile era stato balenato negli anni passati dallo stato di El Salvador con i famosi “vulcano bond” o anche noti come “Bitcoin bond“. Trattavasi di obbligazioni statali che sarebbero state emesse per finanziare la costruzione di Bitcoin City, un’area esentasse dedita al “mining” e ad altre forme di investimento. Ad oggi l’idea non ha trovato applicazione per lo scarso riscontro sul mercato e l’opposizione del Fondo Monetario Internazionale, che ne teme l’impatto per la piccola economia centramericana e i suoi traballanti conti pubblici.

Bitbonds tra innovazione finanziaria e rischi per dollaro

Può uno strumento simile attecchire presso la prima economia mondiale. Indubbio l’interesse che riscuoterebbe tra gli investitori. Farebbe immediatamente scuola e aprirebbe un nuovo mondo agli altri governi, tra l’altro nei fatti legittimando Bitcoin come asset d’investimento per governi e banche centrali. Il rischio sarebbe di indebolire la fiducia verso il dollaro e lo stesso debito pubblico americano. Parte del mercato vedrebbe forse i BitBonds come una risposta disperata a un problema fiscale certamente serio, più che un’innovazione finanziaria con possibili vantaggi per il Tesoro.

Se guardiamo all’andamento di Bitcoin negli ultimi 5 anni, il tasso di crescita medio è stato del 63%. Ben superiore al 16,6% necessario per far sì che un BitBonds con cedola 1% offra alla scadenza un rendimento del 4,5%. Ma sembra improbabile che le quotazioni continuino a salire così velocemente anche nei prossimi anni. Al tasso individuato da Sigel, il Tesoro americano potrebbe finanziarsi all’1% solo se il mercato percepisse la prospettiva che la “criptovaluta” entro i prossimi 10 anni salisse a quasi 390.000 dollari. Non affatto impossibile.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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