E’ stata una bella botta per i titoli bancari quotati in borsa quella che hanno preso nelle ultime sedute a causa del caos dazi. Il comparto ha perso in media in Europa il 12% tra il martedì della scorsa settimana e questo lunedì. E Piazza Affari ha pagato più delle altre borse europee il sell-off, incidendo le banche per un peso superiore sul listino milanese. Da noi, poi, i principali istituti di credito hanno registrato cali particolarmente pesanti:
- Unicredit -18,2%
- MPS -20%
- Banco BPM -16,1%
- Mediobanca -19,3%
- Intesa Sanpaolo -18,6%
Ragioni del crollo in borsa
Un bagno di sangue per coloro che hanno voluto o dovuto disinvestire in questa fase.
La capitalizzazione di Monte Paschi di Siena si è riportata ai livelli di metà novembre scorso. Il titolo aveva toccato i 7,82 euro a marzo, mentre ieri risaliva poco sopra i 6 euro. Per i titoli bancari si prospettano tempi difficili anche per le prossime settimane in assenza di un accordo sui dazi tra Unione Europea e Stati Uniti. Questi non colpiscono direttamente il business delle banche, ma si trascinano dietro effetti collaterali che incidono negativamente in prospettiva sui loro bilanci.
Per prima cosa a preoccupare è il rischio di una recessione economica. Le banche sono molto sensibili al clima macro, perché il loro business consiste nel prestare denaro ad imprese e famiglie. E cosa succede quando c’è crisi? Molti clienti smettono di pagare le rate dei mutui e dei prestiti. Aumentano le sofferenze e i conti vengono zavorrati dalle perdite. Un esempio lampante si ebbe una decina di anni fa, quando a causa del tracollo del Pil italiano le nostre banche arrivarono ad accumulare crediti deteriorati fino a 360 miliardi di euro, un quinto del totale.
E c’è un’altra ragione per la quale i dazi hanno travolto i titoli bancari in borsa. Stanno aumentando le probabilità che la Banca Centrale Europea tagli i tassi di interesse in aprile e che li porti più giù di quanto immaginato prima entro l’anno. Sarebbe la reazione ai venti di crisi, oltre che un modo subdolo per evitare che l’euro si rafforzi e amplifichi le sofferenze ai danni delle imprese esportatrici dell’Eurozona. Le banche prosperano quando i tassi sono alti, com’è accaduto dal 2022 in avanti con utili record. Riescono a maturare un margine d’interesse più alto dalla differenza tra i tassi sui prestiti (attivi) e i tassi corrisposti ai risparmiatori sui conti deposito (passivi).
Impatto su operazioni in corso
Prima di questi giorni folli di dazi e contro-dazi, di titoli bancari si parlava in Italia con riferimento all’intricatissimo risiko. Ci sono in corso numerose operazioni volte a ridisegnare la mappa del potere finanziario tricolore. Tre le più salienti: l’Offerta Pubblica di Scambio lanciata da Monte Paschi sulle azioni Mediobanca; l’Offerta Pubblica di Scambio di Unicredit sulle azioni Banco BPM; l’Offerta Pubblica di Acquisto di Banco BPM sulle azioni Anima.
La prima prevede l’emissione di 2,3 azioni MPS per ogni 1 azione Mediobanca portata in adesione. Ai prezzi di borsa di ieri pomeriggio, l’OPS si rivelava a sconto del 3,1%. Prima dell’annuncio sui dazi, lo sconto era del 2,8%. Per quanto riguarda l’OPS di Unicredit, prevede l’emissione di 0,175 azioni proprie per ogni 1 azione Banco BPM portata in adesione. A ieri si registrava uno sconto implicito del 7,2% dal 4,6% di martedì 2 aprile. Infine, l’OPA su Anima è andata benissimo, essendo stata superata la soglia del 90% per le adesioni già al termine della settimana scorsa.
Probabile che proprio il crollo dei titoli bancari abbia accelerato le adesioni all’offerta di Banco BPM di 7 euro per azione. Infatti, lunedì scorso il prezzo di borsa era precipitato a 6,66 euro. Molti azionisti ne avranno approfittato per disinvestire senza incorrere in perdite, vendendo all’istituto milanese.
Titoli bancari pagano incertezze sul risiko
Cosa emerge dal caos dazi per il risiko italiano? Il mercato valuta con maggiore cautela le varie operazioni annunciate. Essendo peggiorate le prospettive per l’economia italiana ed europea, l’attenzione si sposta sul grado di patrimonializzazione degli istituti di credito. I titoli bancari sono scesi anche per questa ragione. Nessuno s’immagina che vi saranno rilanci per migliorare le offerte, perché non è più aria. Il primo test sarà l’assemblea dei soci di Generali convocata per il 24 aprile e che vede la partecipazione di Unicredit con una quota superiore al 5%. A quale lista di candidati per il rinnovo del CDA darà il proprio voto Andrea Orcel? Da lì partirebbe l’effetto domino.