Pensione, cresce il divario con lo stipendio: la soluzione nella previdenza complementare

Il futuro della pensione in Italia evidenzia un crescente divario tra retribuzione finale e assegno previdenziale pubblico
2 settimane fa
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fondo pensione
Foto © Investireoggi

Il sistema pensione italiano si trova al centro di un profondo cambiamento strutturale che sta ridisegnando il rapporto tra retribuzione lavorativa e trattamento pensionistico. I dati più recenti diffusi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) delineano uno scenario in cui la distanza tra l’ultima busta paga percepita e l’assegno pensionistico è destinata ad ampliarsi sensibilmente nei prossimi decenni.

Il tasso di sostituzione, ovvero la percentuale della retribuzione finale che viene garantita al momento del pensionamento, rappresenta uno degli indicatori più significativi per comprendere la sostenibilità e l’efficacia del sistema previdenziale. Le proiezioni indicano un trend in calo che, se non accompagnato da strategie di integrazione, potrebbe compromettere il tenore di vita dei futuri pensionati.

Un progressivo ridimensionamento dell’assegno previdenziale

Nel 2040, un lavoratore subordinato che abbia maturato 38 anni di contributi andrà in pensione con un assegno pari al 69,1% dell’ultimo stipendio percepito. Un dato che evidenzia una contrazione di 12 punti rispetto al 2010, anno in cui il tasso di sostituzione si attestava all’82,7%. Il quadro diventa ancora più critico proiettandosi al 2070, quando il rapporto tra pensione e ultima retribuzione scenderà ulteriormente fino al 66,3%.

Questo scenario riguarda in particolare i lavoratori dipendenti, ma anche gli autonomi non sono esenti dal fenomeno, sebbene con variazioni leggermente diverse. Secondo le stime, infatti, nel 2070 i professionisti e lavoratori indipendenti potranno contare su un assegno previdenziale pari al 67,3% del proprio reddito da lavoro, appena un punto percentuale in più rispetto ai dipendenti.

L’importanza crescente della previdenza complementare

A fronte di questo ridimensionamento dell’assegno pubblico, cresce l’attenzione verso la previdenza complementare.

Quando si considera infatti l’integrazione tra la pensione pubblica e quella privata, i numeri si fanno decisamente più rassicuranti. Per i lavoratori dipendenti, il tasso di sostituzione può salire fino all’81,5% nel 2040, e al 76,5% nel 2070, mentre per gli autonomi le proiezioni sono ancora più ottimistiche, con un’integrazione che potrebbe portare al raggiungimento dell’87,8% nel 2040 e dell’85% trent’anni dopo.

Questi dati evidenziano come la previdenza integrativa rappresenti sempre più una risorsa essenziale per garantire una pensione adeguata alle esigenze di vita future. Non si tratta semplicemente di un’opzione facoltativa, ma di una vera e propria strategia di protezione del proprio reddito post-lavorativo.

L’ascesa dei fondi pensione

Negli ultimi anni, la consapevolezza rispetto all’importanza della pianificazione previdenziale è aumentata significativamente. Di fronte alla prospettiva di una pensione pubblica che potrebbe risultare insufficiente a coprire i bisogni economici, cresce il numero di lavoratori che decidono di aderire a forme di risparmio integrative.

Tra queste, spiccano i fondi pensione, strumenti finanziari dedicati esclusivamente all’accantonamento di risorse finalizzate alla previdenza. Oggi il panorama italiano ne conta oltre 300, ciascuno con caratteristiche diverse in termini di profilo di rischio, rendimenti attesi e possibilità di adesione.

Il meccanismo è semplice ma efficace: attraverso versamenti regolari, effettuati su base volontaria, il lavoratore costruisce nel tempo un capitale che verrà convertito in rendita al momento dell’uscita dal mondo del lavoro.

L’elemento distintivo è rappresentato dalla possibilità di ottenere rendimenti sul capitale versato, rendendo questi strumenti non solo una forma di risparmio, ma anche un’opportunità di investimento.

Una necessità legata al futuro demografico

Il crescente ricorso alla previdenza privata è anche una risposta al mutato equilibrio demografico del Paese. L’invecchiamento della popolazione, unito al calo delle nascite e alla riduzione della forza lavoro attiva, sta mettendo sotto pressione il sistema pensionistico a ripartizione, nel quale le pensioni attuali sono finanziate dai contributi dei lavoratori attivi.

Questo modello, sebbene abbia garantito per decenni una certa stabilità, oggi rischia di diventare insostenibile se non affiancato da forme alternative di finanziamento. La previdenza complementare si inserisce dunque in questo contesto come uno strumento indispensabile per assicurare una continuità di reddito. Compensando così le lacune di un sistema pubblico sempre più sottoposto a vincoli finanziari.

Riassumendo

  • Il tasso di sostituzione delle pensioni pubbliche è in costante calo (dati del MEF).
  • Nel 2070 l’assegno previdenziale sarà circa il 66% dell’ultima retribuzione.
  • L’integrazione con la previdenza complementare migliora sensibilmente il tasso di sostituzione.
  • I fondi pensione stanno diventando strumenti fondamentali per integrare la pensione pubblica.
  • Il sistema pensionistico pubblico è sotto pressione a causa dell’invecchiamento demografico.
  • Pianificare una previdenza integrativa è essenziale per mantenere il tenore di vita.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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