La mattinata di oggi per il mercato obbligazionario europeo si sta rivelando serena. Le premesse non erano state granché favorevoli. Ieri, l’OPEC ha annunciato che dal prossimo mese taglierà la produzione di petrolio di 1 milione di barili al giorno. La decisione sta già surriscaldando le quotazioni sui mercati internazionali e rischia di favorire la risalita dell’inflazione in Nord America ed Europa. Se così fosse, il rialzo dei tassi d’interesse non finirebbe presto. Questo scenario colpirebbe ulteriormente i prezzi dei bond.

Ma stamattina lo spread è sceso in area 180 punti base e i rendimenti dei BTp lungo la curva sono saliti di poco, in media di circa 5 punti base.

In teoria, un’inflazione più persistentemente alta sarebbe una cattiva notizia per i nostri titoli di stato. La stretta monetaria della Banca Centrale Europea (BCE) riduce l’appeal dei bond percepiti più a rischio. E il nostro debito pubblico è considerato meno sostenibile con un costo del denaro più alto. Attenzione a scambiare le prime reazioni per un trend definitivo. I futures sull’Euribor a 3 mesi segnalano, comunque, che il mercato sconti 2-3 rialzi dei tassi dello 0,25% ciascuno da qui a settembre. Se avesse ragione, i tassi di riferimento salirebbero dal 3,50% attuale al 4-4,25%.

Spread non sconta stretta tassi BCE

Negli Stati Uniti, rendimenti in risalita di 5 punti base sul tratto sia a 2 che a 10 anni. Il mercato prevede che la Federal Reserve alzi i tassi ancora una volta per lo 0,25% al 5,25%. La decisione dell’OPEC non sembra avere smosso significativamente questa previsione. Ma ripetiamo, ciò non significa che il mercato dei bond non ne subirà gli effetti. I dati sull’inflazione già appaiono poco favorevoli a una cessazione della stretta sui tassi. Pur in calo, restano alti quasi ovunque e, soprattutto, al netto dell’energia e degli alimentari, continua a salire o a ristagnare su livelli alti.

Da notare come ancora i rendimenti dei Bund a 2 anni restino nettamente inferiori al tasso fissato dalla BCE sui depositi bancari. Al momento, si attestano sotto il 2,75%, cioè un quarto di punto percentuale più in basso del 3%. Il mercato, dunque, continuerebbe a prezzare per il medio termine un taglio dei tassi. E questo sarebbe il frutto o di un calo dell’inflazione o dell’arrivo della recessione economica o, infine, di entrambi i fenomeni. Forse anche per questo lo spread resta sotto controllo. Non c’è la sensazione che la BCE possa avventurarsi con rialzi dei tassi marcati rispetto ai livelli già raggiunti.

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