Un tracollo verticale che ha pochi precedenti. È questo lo scenario che sta affrontando Tupperware, ormai completamente in crisi. Nell’ultima settimana le azioni sono collate del 50%, mentre in un anno sono scese del 95%. Per l’azienda americana l’epoca dei party è ormai finita da un pezzo, e ora si prospetta il clamoroso fallimento. Quali sono i motivi di questa debacle?

Tupperware in crisi, fallimento a un passo

Tupperware è un’azienda statunitense che è salita alla ribalta anche nel nostro paese per gli innovativi contenitori di plastica lanciati negli anni 50.

Il nostro boom economico arriva nel decennio successivo è stato caratterizzato anche da simpatici party che le nostre connazionali organizzavano in casa per promuovere i prodotti dell’azienda e approfittarne per scatenare il gossip. Insomma, scene un po’ da soap opera borghese, con le signore che si intrattenevano tra un pettegolezzo e qualche soldino extra per arrotondare il bilancio familiare. Ora quei tempi sono andati e l’azienda si trova sull’orlo del baratro. Dopo 77 anni di storia rischia seriamente il fallimento. I debiti infatti sono ormai altissimi e le vendite sono completamente sparite, o quasi.

Ma qual è il motivo di questo spaventoso crollo? E dire che i tentativi di rinnovamento non sono mancati negli ultimi anni. La società ha infatti provato a modernizzarsi per approcciare un pubblico più giovane e inserendo prodotti più adatti al nostro tempo. Ma se c’è un motivo semplice a cui possiamo imputare la colpa di questo insuccesso, è senza dubbio la materia prima utilizzata. I contenitori di plastica che tanto ci hanno aiutato a conservare gli alimenti fino al decennio scorso, ora sono considerati il male puro. Il problema della plastica è infatti estremamente sentito in questi anni 20 del nuovo millennio, e sempre più associazioni ambientaliste si battono per limitarne al massimo l’utilizzo. Lo scopo è quello di debellare per sempre questo prodotto, ma ci vorrà ancora un po’ per riuscirci.

Va da sé che, in uno scenario del genere, una casa che fonda la sua produzione proprio su questa materia non può avere vita lunga.

Un modello di business ormai obsoleto

Se proprio vogliamo approfondire ulteriormente la questione, la crisi di Tupperware non ha solo nella plastica la sua ragione d’essere. In realtà, il modello di business risulta ormai obsoleto. L’azienda prevedeva infatti l’utilizzo di venditori autonomi, i quali, come già raccontato, si riunivano in casa per proporre i prodotti. Questo sistema, molto simile a quello utilizzato da un’altra azienda americana, la Stenhome, è ormai obsoleto, addirittura ritirato nel 2003 da tutto il Regno Unito. Anche per Tupperware la pandemia ha buttato fumo negli occhi, poiché i guadagni registrati in quel periodo si sono dimostrati effimeri.

Finito il lockdown (anche se il Covid c’è ancora) la società è tornata ad eclissarsi, e di recente ha ammesso che, in assenza di nuovi finanziamenti, il fallimento è ormai inevitabile. Cosa rimarrà di Tpperware? Senza dubbio è un pezzo di storia che se ne va e, nonostante il fallimento ormai inevitabile, continuerà ad essere motivo di analisi tra gli esperti di marketing, i quali da anni ne studiano l’impatto a livello mondiale, arrivando a sostenere che abbia avuto anche un ruolo cruciale nell’inserimento delle donne nella forza lavoro, prima statunitense, poi in tutto l’Occidente.