Impossibile parlare di lavoro femminile senza dover discutere di gender pay gap e sessismo, oltre che di difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro e di precoci abbandoni. Sì, la situazione è sempre la stessa e non sembra cambiare di una virgola di mese in mese, nonostante se ne parli. Noi stessi affrontiamo l’argomento a cadenza regolare, con l’arrivo di ogni nuova ricerca, studio, sondaggio. Questa volta ci basiamo sui dati diffusi dall’Osservatorio sugli ostacoli e le discriminazioni contro le donne nella ricerca del lavoro di Jobiri.

Un pugno nello stomaco che conferma come la parità di genere sì, se ne parli eh, ma per ora resta sulla carta.

Attenzione, prego: l’Osservatorio dimostra che, per inserirsi nel mercato del lavoro e costruire un percorso all’altezza delle aspettative, le donne devono sottostare a ricatti, domande scomode e pregiudizi e contrattazioni sfavorevoli. La carriera di una donna può essere pregiudicata già dal primo colloquio. Sì, perché nonostante sia vietato, abbondano le aziende che ancora chiedono alla candidata se intende avere figli. Se ha un compagno, è sposata e quindi pensa di mettere su famiglia.

Gender pay gap e impossibilità di ottenere ruoli dirigenziali: cosa accade

Lo studio di Jobiri ha preso in considerazione le risposte di 1053 donne tra i 18 e i 25 anni interpellate attraverso un questionario online. Il risultato? La continua conferma dei fenomeni discussi poco sopra. La difficoltà estrema a trovare un lavoro, per non parlare dell’impossibilità di ottenere ruoli dirigenziali nonostante l’esperienza accumulata e dei tanto discussi divari retributivi tra sessi. Ovvero, il gender pay gap in base al quale, per la stessa posizione lavorativa, le stesse ore lavorate e gli stessi incarichi, una donna prende meno soldi di un uomo. Le proposte di stipendio, per il 68% delle intervistate, sono state più basse e con meno benefit rispetto a quelle dei colleghi uomini.

Da tempo leggiamo continuamente statistiche che rivelano come le donne primeggino nell’istruzione: il 23.1% delle donne ha una laurea contro il 16.8% degli uomini. Nonostante ciò, sul lavoro, la donna continua a valere meno. La colpevole mancanza di tutele e l’assenza di reali ed efficaci sistemi di welfare fanno il resto, costringendo le lavoratrici (sia esperte che alla prima esperienza) a navigare a vista, accettando ciò che viene senza potersene lamentare troppo. Così, il lavoro femminile è descrivibile come un concentrato di confusione, solitudine e rassegnazione. Lo conferma l’Osservatorio svelando che sono emozioni provate dalle donne durante la ricerca di lavoro.

Emozioni negative, calo di prestazioni e sessismo, una valanga destinata a crescere

Quei sentimenti, sicuramente scatenati anche dal dover mettere in conto un sicuro gender pay gap e diversi compromessi, condizionano negativamente le performance femminili. Le donne, così vessate, sono più stressate, sviluppano ansia e depressione. In base ai dati dell’Osservatorio, il 71% delle donne intervistate si sente disorientata. Il 69% dice di sentirsi sola e il 45% priva di speranze. Ansia, rabbia e paura impattano pesantemente su tutte. Nonostante l’attenzione che si cerca di dedicare al problema del sessismo sul lavoro, per il quale molti uomini sbuffano e si prodigano in battutine, le discriminazioni di genere impattano moltissimo sui processi d’assunzione. Per non parlare degli avanzamenti di carriera.

Parlando di dati, il 71% delle intervistate ha dichiarato di aver interagito con annunci di lavoro illegali, ci teniamo a sottolinearlo, in cui veniva specificato il sesso dei candidati richiesti. Occhio anche all’ageism: il 46% non ha potuto candidarsi alla posizione dei sogni per via di limiti di età stringenti (più che mai per le donne). Il 38% si è scontrata con requisiti fisici assurdi, facilmente definibili come body shaming.

Non solo gender pay gap: domande scomode ai colloqui, molestie sul lavoro e formazione non soddisfacente

Andiamo alla fasi precedenti all’assunzione e al successivo gender pay gap, rimanendo sul discorso selezione.

Durante i colloqui, il 56% delle donne si è sentita a disagio per via di domande sulla vita privata. Il 55% delle intervistate si è sentita violata da ulteriori indagini insistenti sulla gestione e cura dei figli. L’Osservatorio, poi, conferma che le donne devono ancora venire a patti con ambienti lavorativi retrogradi.  I commenti a sfondo sessuale e i complimenti non richiesti si sprecano. Non è tutto: abbondano anche i tentativi di contatto fisico non richiesto e le promozioni ottenibili solo dietro favori sessuali, come svelato dal 12% delle candidate.

Tra gli altri svantaggi con cui si trova a combattere il lavoro femminile, secondo Jobiri, vi è la scarsa formazione. Questa è spesso dovuta al fatto che le donne devono lavorare a singhiozzo per dedicarsi ai figli o assistere familiari anziani e malati e non hanno una preparazione tecnica adeguata perché considerata “cosa non da donne” per la mentalità comune. Quasi 6 donne su 10 hanno le abilità richieste e l’85% delle intervistate fatica a compilare un curriculum efficace. Un problema causato anche dalla mancanza di formazione ad hoc nel corso della carriera accademica.

Come risolvere la difficile situazione del lavoro femminile?

Come si risolvono sessismo, molestie, gender pay gap, difficoltà di accedere al lavoro e fare carriera e mancanza di informazione che piagano il lavoro femminile? Con il sostegno delle istituzioni, prima di tutto, che si interessino seriamente al problema e non lo usino semplicemente come argomento caldo da buttare sul piatto. Imponendo politiche di uguaglianza, garantendo le stesse possibilità di studio e crescita anche alle donne a prescindere dalla loro età, esperienza e classe sociale. Servono aiuti per semplificare la loro quotidianità tra lavoro, gestione della casa, cura dei figli e degli anziani e altri compiti quotidiani. È necessario aiutare le donne ad entrare (o rientrare) più facilmente nel mondo del lavoro con percorsi ad hoc che diano speranze e possibilità concrete.

Infine, fare informazione seria e costante per evitare che le molestie sessuali diventino un’arma di ricatto lavorativa.

Cosa si avvererà di tutto ciò?