Siamo all’inquisizione! È questo il parere di un importante sviluppatore italiano (ora all’estero) in merito alla questione ChatGPT e lavoro. La scelta del Garante della Privacy italiano non è proprio andata a genio ai tanti esperti di informatica, i quali temono che possa avere pesanti ripercussioni su tutto il parere. Vediamo perché.

ChatGPT e lavoro, cosa (non) cambierà?

È concetto estremamente conservatore quello di lasciare che le cose rimangano così come sono. Spesso si rivendica una fantomatica tradizione da non toccare, oppure elementi morali che andrebbero intaccati, e in questo modo i “censori” vietano quello che potrebbe essere per molti considerato come il naturale processo dell’evoluzione.

Secondo lo sviluppatore Pietro Schirano, attualmente al lavoro per una fintech, ma con grande esperienza anche con altri colossi come Uber e Facebook, quello che il Garante ha fatto ricorda moltissimo la vicenda tra la Chiesa e Galileo. Gli informatici italiani, però, non sono disposti ad abiurare, anzi si sono organizzati per trovare un’alternativa alla chiusura della piattaforma, come ad esempio la nascita del sito PizzaGPT.

Il fenomeno però ha un ventaglio di complessità ben più ampio, e non mancano coloro i quali vedono in questa presa di posizione tutta italiana addirittura l’inizio della fine per il nostro paese. Secondo Schirano, l’Italia rimarrà indietro di 100 anni se non deciderà di abbracciare la rivoluzione intrapresa da ChatGPT. Ma quali sono le correlazioni in merito al mondo del lavoro? In realtà, secondo i detrattori di OpenAI sono proprio alcune figure professionali ad essere a rischio, e per questo motivo un freno a tale tecnologia era doveroso. C’è invece chi sostiene che tale progresso tecnologico non può essere arrestato, ma solo gestito. Insomma, la questione è estremamente divisoria: da una parte c’è chi teme che l’intelligenza artificiale possa far perdere il lavoro a tantissime persone, dall’altra chi sostiene che invece aiuterà molto le imprese, permettendo a tutti di beneficiarne.

Come stanno realmente le cose?

Forse ancora una volta Aristotele avrebbe ragione: la verità sta nel mezzo. È probabile che alcune figure professionali possano risentirne, poiché un’intelligenza artificiale così sviluppata potrebbe tranquillamente fare il loro lavoro. È altrettanto vero che le aziende avranno tantissimi vantaggi sfruttando una tecnologia che permette loro di fare 10 volte il lavoro di un umano, permettendo quindi all’impresa si crescere in maniera esponenziale (cosa che aumenterebbe il PIL di una nazione a dismisura). Sempre secondo lo sviluppatore, il futuro sarà composto da coloro che usano l’IA vs coloro che non la usano, e questi ultimi saranno inevitabilmente destinati a perdere.

Per l’Italia si prospetterebbe quindi un quadro del genere, visto il freno attualmente messo alla piattaforma. La questione però tra ChatGPT e lavoro è qualcosa che va effettivamente regolamentato. A tal proposito, anche grandi personaggi come Musk si sono detti preoccupati del suo utilizzo. Tralasciamo le visioni fantascientifiche di chi crede che un giorno davvero l’IA possa arrivare a una coscienza, come se questa fosse soltanto un aggregato di informazioni statistiche, e non il frutto di un ragionamento aprioristico che può prescindere dall’esperienza contingente (c’è ancora bisogno di rileggere Kant, a quanto pare). Il dato certo è che questo software può effettivamente soppiantare il lavoro umano in certi settori, ma fin dove possa davvero spingersi è ancora tutto da vedere. E sarà senza dubbio l’uomo a dover decidere quali siano i suoi confini.