Andare in pensione prima o prendere una pensione più alta se già pensionati. Sono due cose che interessano chiunque. Pochi però sanno che grazie alla rottamazione delle cartelle, se queste riguardano debiti con l’INPS, il tornaconto per le pensioni potrebbe essere evidente. Perché saldare un debito grazie alla rottamazione, per qualsiasi tassa evasa rappresenta solo un veicolo utile a mettersi in regola nei confronti dello Stato.

Diversi vantaggi se le cartelle riguardano i contributi INPS

Per i contributi previdenziali il vantaggio sarebbe superiore.

Perché pagare in misura agevolata i contributi previdenziali evasi in precedenza, può tornare utile per andare in pensione o per aumentare l’assegno pensionistico che si prende mese dopo mese.

“Salve, avrei un dubbio. Ho presentato domanda di definizione agevolata di alcune mie cartelle, tra cui alcune multe prese da mio figlio ma con la mia auto e due anni di contributi INPS che non ho pagato prima di chiudere il negozio di scarpe che avevo a mio nome. Ma io tre anni fa andai in pensione e mi chiedevo se pagando le cartelle potrei chiedere all’INPS di ricalcolare la mia pensione alla luce di quei due anni di contributi non pagati prima.”

“Mi chiamo Renato e sono un contribuente di 60 anni di età con diverse cartelle esattoriali a mio nome. Ho circa 40 anni di contributi versati. Da quando ero giovane, ho aperto un ristorante e mi mancano 3 anni di contributi per andare in pensione. Però è anche vero che ho almeno 3 anni di mancati versamenti contributivi all’INPS. Sono gli unici debiti che ho nei confronti del Fisco. Se aderisco alla rottamazione posso rendere buoni già oggi quei contributi? in pratica, se grazie alla rottamazione regolarizzo la mia posizione all’INPS posso usare quei 3 anni circa per vedere di arrivare a 42 anni e 10 mesi per la pensione di anzianità?”

Le omissioni dei versamenti INPS

I mancati versamenti dei contributi previdenziali all’INPS sono una delle principali cause per le quali molti contribuenti italiani hanno a che fare con le cartelle esattoriali.

Nel 2023 però, la sanatoria voluta dal Governo Meloni riguarda pure questo genere di debito. In pratica anche le omissioni contributive che un contribuente può aver maturato nei confronti dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale Italiano, rientrano nella rottamazione delle cartelle. Anzi, sia la cancellazione automatica delle cartelle automatica che la rottamazione sono strumenti utili anche a mettersi a posto con l’INPS.

Infatti per i debiti affidati all’Agente della Riscossione fino al 2015 se al di sotto dei 1.000 euro c’è la cancellazione d’ufficio delle cartelle. Per i debiti invece che sono passati alla riscossione forzosa entro il 30 giugno 2022, c’è la rottamazione delle cartelle.

Le sanatorie del Governo Meloni, tra cancellazione d’ufficio e rottamazione delle cartelle

Come detto, le sanatorie del Governo riguardano anche le omissioni contributive da parte dei contribuenti italiani. Questo vuol dire che un contribuente grazie ai provvedimenti introdotti dal Governo può finalmente mettersi in regola per saldare la sua situazione contributiva pendente. La cancellazione delle cartelle però ha delle controindicazioni come vedremo in seguito in base al ragionamento che facciamo nel rispondere ai quesiti dei nostri lettori. In effetti la maggior parte delle cartelle cancellate d’ufficio da Agenzia delle Entrate Riscossione in base alla tregua fiscale, agevolano il contribuente cancellando di fatto dall’estratto di ruolo le cartelle esattoriali che lo stesso contribuente ha a suo carico.

Ma se si tratta di tasse classiche, dall’IVA all’IMU, dalla TARI al bollo auto, la cancellazione ha solo questo vantaggio. Per i contributi INPS invece, c’è un ulteriore vantaggio che è previdenziale. Ma solo con la rottamazione, perché con la cancellazione come vedremo, l’ulteriore vantaggio si perde.

La cancellazione delle cartelle per i contributi INPS riduce i vantaggi

La cancellazione d’ufficio non prevedendo pagamento alcuno da parte del contribuente, finisce con il rendere quegli anni di contribuzione che un contribuente avrebbe dovuto versare, non validi ai fini pensionistici. Una cosa diversa è la rottamazione delle cartelle dal momento che in questo caso il contribuente dovrà pagare. Anche se pagherà a rate il debito ed anche se lo stesso debito sarà ridotto di sanzioni e interessi, il contribuente dovrà versare la quota capitale del debito, ovvero i contributi precedentemente omessi. E ciò permetterà al contribuente di “ingrassare” il suo montante contributivo.

Questo significa che per il contribuente che ancora devo andare in pensione, si possono aprire le porte della quiescenza. Infatti quei contributi previdenziali che una volta non ha versato e che adesso può versare in maniera agevolata con la rottamazione delle cartelle, finiranno per consentirgli di raggiungere i requisiti minimi di accesso alle pensioni che altrimenti non raggiungerebbe.

Andare in pensione grazie alla rottamazione delle cartelle è possibile?

Uno dei nostri lettori si trova proprio in questa condizione. Non avendo ancora raggiunto la pensione. Infatti un tipico esempio può essere il lavoratore autonomo che in passato non ha avversato due o tre anni di contributi previdenziali e che di conseguenza si trova senza pensione ma con cartelle esattoriali. In questo caso questo lavoratore autonomo versando ciò che non ha versato in precedenza, potrebbe raggiungere quei vent’anni di contributi che a conti fatti permetterebbero a quest’ultimo di poter andare in pensione a 67 anni con la pensione di vecchiaia ordinaria. Lo stesso ragionamento può essere fatto anche per i contribuenti che si trovano con qualche anno in meno rispetto ai 42 anni e 10 mesi delle pensioni anticipate ordinarie. Il secondo lettore è uno di questi.

Ricostituzione e supplemento, quale usare per i contributi da rottamazione delle cartelle?

Ma i versamenti contributivi coperti con la sanatoria delle cartelle, possono tornare utili anche a chi in pensione ci è già andato.

Ed in questo caso il primo lettore si trova nella situazione idonea. Infatti anche in questo caso si tratterebbe di andare a versare contributi che prima non erano stati versati. E di conseguenza non erano stati utilizzati dall’INPS per liquidare la prestazione previdenziale. Evidenza vuole che andando a versare questi contributi, il contribuente in questione e neo pensionato, ha il diritto di presentare all’INPS domanda di ricostituzione.

Infatti con questa domanda si chiede all’INPS di ricalcolare l’assegno previdenziale alla luce di novità che possono essere contributive, reddituali o di composizione del nucleo familiare. Non si può chiedere il supplemento di pensione perché i contributi coperti con la rottamazione riguardano periodi pregressi. Ed in questo caso lo strumento idoneo è la ricostituzione. Il supplemento di pensione infatti si utilizza quando dopo l’uscita dal lavoro e dopo aver raggiunto la quiescenza, un pensionato continua a versare contribuzione. Si tratta in questo caso di periodi successivi alla decorrenza del trattamento pensionistico.