Portatemi via la mia gente e lasciatemi le aziende vuote e presto l’erba crescerà sul pavimento dei reparti. Portatemi via le aziende e lasciatemi le persone con cui lavoro e presto avrò aziende migliori di prima“, affermava Andrew Carnegie. Una frase che sottolinea come in ogni tipo di attività il principale elemento di successo continui a essere il fattore umano.

Nonostante il progresso tecnologico abbia portato a un impiego sempre più ridotto delle persone, infatti, quest’ultime sono il vero cuore pulsante di ogni azienda.

Questo perché per riuscire a raggiungere grandi traguardi con un’attività non basta svolgere i vari lavori in modo meccanico. È bensì necessario riuscire a trasmettere emozioni e capire le esigenze dei propri clienti.

Tutti compiti che non possono essere assolti da una macchina. A differenza di quest’ultima, però, il personale costa ad un imprenditore, spesso, molto di più. Diversi, infatti, sono i costi che un’azienda deve sostenere per mettere in regola un proprio dipendente. Da qui la decisione di molti datori di lavoro di spingere i potenziali futuri lavoratori ad aprire la partita Iva in modo tale da evitare di dover sostenere un bel po’ di spese. Ecco come funziona.

Come capire se dovevano assumerti e ti hanno fatto aprire la partita IVA

Il mondo del lavoro è sempre più all’insegna del precariato. Il posto fisso, per molti, è una vera e propria chimera e per questo motivo si finisce spesso per accettare impieghi anche non particolarmente apprezzati. Lo sanno bene molti lavoratori che sono stati costretti ad aprire la partita Iva per poter lavorare, a tutti gli effetti, alle dipendenze di un datore di lavoro.

Può capitare, ad esempio, che un datore di lavoro chieda a un proprio dipendente di licenziarsi, per poi intraprendere una collaborazione con modalità diverse, magari in seguito all’apertura di una Partita IVA forfettaria.

Una soluzione, quest’ultima, volta a nascondere un rapporto di lavoro subordinato per permettere al datore di lavoro di risparmiare.

Lavoro autonomo e lavoro dipendente: occhio alle differenze

Nel caso in cui un’azienda assuma un dipendente, infatti, deve sostenere tutta una serie di spese come contributi, imposte, Tfr, malattie, permessi e tredicesima. Collaborando con una partita Iva, invece, tutti i costi poc’anzi citati non sono da sostenere.

A tal proposito è bene ricordare che l’apertura di una partita Iva volta solo a nascondere che si tratti in realtà di un dipendente non è consentito. Entrando nei dettagli vi sono alcuni elementi grazie ai quali capire se dovevano assumere il soggetto interessato. In particolare si tratta dei seguenti:

  • Tempistiche. Se la collaborazione si protrae per almeno 8 mesi per 2 anni di fila, allora molto probabilmente si tratta di una partita Iva fittizia.
  • Fatturato. Se un collaboratore ottiene più dell’80% del suo fatturato annuo dallo stesso committente per due anni consecutivi, scatta l’irregolarità.
  • Organizzazione. Se il titolare dell’azienda obbliga il titolare di partita Iva  a svolgere determinate attività, in certi orari, allora è facile capire che in realtà si tratta di un dipendente a tutti gli effetti.

Sono questi, quindi, gli elementi da prendere in considerazione e che fanno capire se l’azienda con cui si lavora ha fatto aprire la partita Iva per intraprendere una nuova collaborazione, oppure per avere un dipendente pur non sostenendo tutte le spese necessarie.