Ormai nel gergo finanziario è comune il termine “Black Swan” o “Cigno Nero“, utilizzato in generale come metafora per indicare un evento improbabile ed inatteso, con effetti di portata rilevante. Nei giorni scorsi è invece stato coniato il termine cigno verde, ma prima di spiegare occorre parlare del cigno nero.

L’origine del termine si deve al poeta latino Giovenale e veniva utilizzato per indicare un fatto impossibile. Ai tempi il poeta scriveva “rara avis in terris nigroque simillima cygno“, che tradotto significa: un uccello raro a questo mondo è davvero simile ad un cigno nero.

Questo detto è stato “vero” per molto tempo finché, nei primi del 1.900, un gruppo di pionieri esploratori britannici scoprirono il Chenopis Atrata, un uccello appartenente alla famiglia dei cigni completamente nero scorto nei fiumi australiani e neozelandesi

La diffusione in ambito finanziario si deve a Nassim Nicholas Taleb, filosofo, saggista e matematico libanese naturalizzato statunitense, nonché grandissimo esperto ed appassionato di matematica finanziaria, statistica e probabilità. In finanza  il termine indica quindi un violento, inatteso ed improbabile collasso delle quotazioni sui mercati finanziari, che poi inevitabilmente si ripercuote sull’economia reale.

Esempi di Cigno Nero rintracciabili in letteratura sono molti e rappresentati ad esempio: dallo scoppio della bolla dei tulipani nel 1.600 in Olanda; dalla grande depressione del 1929; dal flash crash del 1987; dal crollo del fondo LTCM e la crisi finanziaria di alcuni paesi del sud-est asiatico fra il 1997 e il 1998; dallo scoppio della bolla tecnologica negli Stati Uniti nel 2000; dalla crisi finanziaria americana che poi si è estesa a tutto il globo più o meno fra il 2007 ed il 2009; dalla crisi del debito sovrano in Europa; dagli effetti causati dall’attacco terroristico dell’11 settembre 2011; dalla crisi petrolifera del 2014;  dal lunedì nero cinese del 2015; volendo finire l’elenco, dall’annuncio della Brexit nel 2016.

Da quanto emerge i cigni neri non sono stati quindi così rari come la teoria propone.

Ora vediamo cos’è il cigno verde e perché potrebbe manifestarsi.

Cigno Verde: cos’è e perchè si manifesterà

Il giorno precedente al meeting di Davos il Word Economic Forum di Davos ha diffuso il Global Risks Report, uno studio annuale basato su un indagine effettuata tra analisti e top manager circa i maggiori rischi che si stanno correndo attualmente, sia in termini di portata che di probabilità di accadimento. Rispetto all’anno scorso, dallo studio è emerso un aumento dell’apprensione e della sfiducia per il fallimento degli accordi sul clima, per l’impatto dei recenti e sempre più frequenti fenomeni meteorologici estremi e per un ecosistema sempre più a rischio.

Contestualmente la Banca dei Regolamenti Internazionali ha lanciato l’allarme coniando il termine di cigno verde, come emerge dal titolo del suo rapporto: “Cigno verde. Cambiamenti climatici e stabilità del sistema finanziario: quale ruolo per banche centrali, regolatori e supervisori“.

Stando a questo studio i cigni verdi sarebbero simili ai cigni neri ma provocati dai violenti cambiamenti climatici in corso, e gli “approcci tradizionali alla gestione dei rischi consistenti nell’estrapolazione di dati storici e su ipotesi di distribuzioni normali sono in gran parte irrilevanti per valutare i rischi futuri legati al clima”. Proprio in “virtù” del fatto di essere legato a disastri naturali che  prima o poi si concretizzeranno, un cigno verde avrebbe effetti più devastanti di un cigno nero, poiché provocherebbe un effetto a catena devastante per l’intera umanità in primis ed in secondo luogo per il sistema economico-finanziario.

Dato che i cambiamenti climatici hanno implicazioni sulla stabilità finanziaria e dei prezzi, secondo il rapporto le banche centrali non possono rimanere ferme ed indifferenti aspettando che le autorità governative facciano qualcosa: così la BCE ad esempio ha annunciato che considererà il rischio climatico nelle regole su prestiti e acquisto titoli.

Non solo, qualora iniziassero ad accadere fenomeni naturali estremi, le banche centrali dovrebbero fungere da prestatori di ultima istanza a presidio del clima, costrette all’acquisto di asset svalutati.

Tutto ciò avrebbe comunque degli effetti positivi poco pronunciati, dato che l’iniezione di ingenti quantità di capitali nei mercati non potrebbe avere effetti positivi sulle conseguenze irreversibili del “climate change”; in altre parole le istituzioni finanziare non disporrebbero di strumenti per contrastare in modo efficace gli effetti di un cigno verde!