Il giudice Claudio Marangoni del Tribunale di Milano ha sospeso d’urgenza con un’ordinanza l’utilizzo su tutto il territorio nazionale dell’applicazione Uber Pop, quella che consente agli utenti di condividere un mezzo di trasporto per spostarsi da un luogo a un altro. Secondo il giudice, l’app sarebbe a tutti gli effetti assimilabile alle modalità tecniche con cui le cooperative dei tassisti da tempo offrono in Italia il servizio di radio taxi e, pertanto, si configurerebbe come un servizio abusivo di trasporto di persone, ricordano come l’app sia già disponibile nelle città di Milano, Genova, Torino e Padova I legali di Uber avevano difeso l’applicazione, sostenendo che non si tratterebbe di un servizio di taxi, bensì di un modo, con il quale gli utenti stessi concordano la condivisione di un mezzo di trasporto e il pagamento sarebbe un mero rimborso delle spese del viaggio.

Il Tribunale, nell’inibire qualsivoglia forma di prestazione di un servizio di trasporto sprovvisto della relativa licenza, anche su richiesta del trasportato in via occasionale o continuativo e per itinerari stabiliti di volta in volta, ha condannato la società Uber Pop al pagamento delle spese processuali, prevedendo la sanzione di 20.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordinanza, oltre i 15 giorni dalla data della comunicazione della stessa. La società è obbligata entro 15 giorni a pubblicare sul sito l’ordinanza. La causa era stata promossa da alcune cooperative e consorzi di tassisti di Milano, che a questo punto potranno cantare vittoria, anche se si tratta ancora di una sospensione cautelativa del servizio e non di un suo divieto assoluto. Da mesi, l’app è al centro di un infuocato dibattito un pò ovunque si sia diffusa, USA compresi.

Libero mercato addio?

Se Uber si configura, infatti, quale servizio di condivisione di un mezzo di trasporto per un determinato itinerario e in via del tutto occasionale (devo viaggiare da Roma a Milano in data e ora X, vedo tramite app chi altri potrà farmi compagnia e al contempo condividere le spese del viaggio), i tassisti ritengono di essere danneggiati, perché l’app consentirebbe a chiunque di trovare alternative all’uso di un taxi per qualsivoglia tragitto.

Detto ciò, che Uber sia un concorrente diretto del taxi appare alquanto improbabile. Infatti, il servizio è maggiormente utilizzato per lunghi tragitti, raramente per spostarsi all’interno della città e non sembra che gli italiani usufruiscano del taxi per spostamenti a lungo raggio, dato anche il costo abnorme che il viaggio comporterebbe. Se sono innegabili gli interessi legittimi di una categoria, che paga spesso a carissimo prezzo le licenze per essere autorizzati al trasporto di persone, è indubbio come l’ordinanza, in assenza di improbabili interventi legislativi in direzione liberalizzatrice, comporti una chiusura del mercato alle nuove tecnologie da un lato e dall’altro alla domanda pressante di un mercato più libero, frutto non tanto di una scelta ideologica, quanto della riscontrata carenza dell’offerta e delle tariffe fuori dalla portata per i più.   APPROFONDISCI – Uber: il taxi che costa meno. I tassisti protestano