L’inflazione negli USA è salita ai massimi da oltre 12 anni, attestandosi al 4,2% in aprile. Nell’Eurozona, la crescita si mostra più moderata: +1,6%. E la stessa BCE non prevede che sarà in grado di centrare il target “vicino, ma di poco inferiore al 2%” da qui ai prossimi anni. Ma se questi ad oggi sono i fatti, una verità incontrovertibile che emerge è che le banche centrali siano cadute nella “trappola del debito”.

L’ex capo-economista della BCE, Peter Praet, ne parla esplicitamente.

Sotto la presidenza di Mario Draghi (2011-2019) è stato colui che diramava le previsioni macro per l’istituto. E nei giorni scorsi, ha voluto fare sentire la sua voce. Egli ha avvertito che anche nel caso di un minimo rialzo dei tassi, i debiti degli stati diverrebbero più costosi. E ciò sarebbe un problema, a causa degli alti livelli di indebitamento generale, con punte critiche in stati come Grecia e Italia.

Gli economisti parlano di “dominanza fiscale” per descrivere lo scenario in cui si ritroverebbero già tutte le principali banche centrali. Esse non possono alzare i tassi contro l’inflazione, perché altrimenti i debiti degli stati (ma anche di molte aziende) sarebbero insostenibili. L’insostenibilità si presenterebbe, anzitutto, sul piano politico. I cittadini si mostrano molto poco disposti, specie dopo questa terribile pandemia, ad accettare ulteriori sacrifici, siano essi in forma di tagli alla spesa o di aumento delle tasse. In casi come l’Italia, l’insostenibilità del debito con tassi di rifinanziamento più alti sarebbe anche di natura finanziaria.

Trappola del debito per salvare i governi

Questo significa per l’appunto che vi sia una trappola del debito, che impedirebbe alle banche centrali di svolgere il loro mandato. Ed ecco che un altro ex capo-economista della BCE, Otmar Issing (1998-2006), chiede esplicitamente che la BCE tolleri un’inflazione più alta del target per compensare i periodi in cui essa è rimasta al di sotto di esso.

Il concetto appare puramente strumentale per guadagnare tempo. Tollerando un’inflazione del 2,5-3%, di fatto la BCE non dovrebbe correre ad alzare i tassi nei prossimi mesi, qualora la crescita tendenziale dei prezzi accelerasse al target.

La dominanza fiscale si cui parlano gli economisti e rifiutata categoricamente dai banchieri centrali è proprio questa: ragioni di ordine fiscale hanno la precedenza su argomentazioni come la stabilità dei prezzi. Poiché i debiti sono elevati, bisogna metterli in sicurezza garantendo il loro rifinanziamento a costi molto bassi. Nel frattempo, gli istituti continuerebbero a iniettare liquidità sui mercati acquistando titoli di stato, con l’obiettivo preminente di ridurre la quantità di debito che gli stati hanno verso i creditori privati.

La trappola del debito implica il forte rischio che si accetti la perdita di potere d’acquisto dei redditi per “sgonfiare” le passività di governi e aziende. Il PIL nominale crescerebbe a ritmi più rapidi solo per effetto dell’inflazione, riducendo l’incidenza del numeratore (il debito). E’ accaduto sempre nella storia che ad alti debiti siano seguiti o la loro ristrutturazione o periodi di alta inflazione. L’austerità fiscale si presenta come la ricetta più desiderabile quando i livelli d’indebitamento siano, tutto sommato, contenuti. Ma nessuno può ipotizzare seriamente che sia questa la via per passare da un rapporto per l’Italia di circa il 160% a uno, ad esempio, sotto il 100%. Almeno di volere attendere diversi decenni. Per concludere, colpiranno i redditi per togliere le castagne dal fuoco ai governi.

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