Il vice-ministro dell’Economia, Maurizio Leo, lo ha confermato nei giorni scorsi: la riforma dell’IRPEF è in corso di lavorazione e dovrebbe debuttare nei prossimi mesi per entrare auspicabilmente in vigore già dal 2024. Se ne parla sin dalla nascita del governo Meloni e, a dire il vero, ci stava lavorando lo stesso governo Draghi, che nel 2022 ridusse le aliquote da cinque a quattro, rimodulando gli scaglioni di reddito. L’ipotesi che prenderebbe corpo sarebbe di ridurre le aliquote IRPEF ulteriormente a tre.

Come sappiamo, il centro-destra punta alla flat tax, cioè all’aliquota unica sui redditi delle persone fisiche. I conti pubblici non autorizzano, però, a compiere passi più lunghi della gamba. Non è mai stato chiaro il costo che una simile rivoluzione fiscale comporterebbe per le casse statali. Nel 2018, quando la Lega andò al governo insieme al Movimento 5 Stelle con il primo governo Conte, si parlò di 59 miliardi di euro. Fonti del Carroccio lo stimarono intorno alla metà.

Due ipotesi principali per riforma IRPEF

Di certo c’è che la riforma IRPEF voluta dalla premier Giorgia Meloni non sarà un azzardo per i conti pubblici. Per questo è certo che si procederà per gradi. Le aliquote IRPEF scenderebbero a tre dalle quattro attuali, ma sul punto esistono diverse soluzioni allo studio. Una consisterebbe nel tendere a tre scaglioni:

  • 23% fino a 28.000 euro;
  • 33% tra 28.000 e 50.000 euro;
  • 43% sopra 50.000 euro.

Ricordiamo che dal marzo 2022 le aliquote IRPEF in vigore sono le seguenti:

  • 23% fino a 15.000 euro;
  • 25% da 15.000 a 28.000 euro;
  • 35% da 28.000 a 50.000 euro;
  • 43% sopra 50.000 euro.

C’è un’ipotesi più radicale, ma certamente più costosa:

  • 23% fino a 15.000 euro;
  • 27% tra 15.000 e 50.000 euro;
  • 43% sopra 50.000 euro.

Verso fine dell’era bonus

Chiaramente, la prima sarebbe più percorribile per il minore impatto iniziale sui conti pubblici. A tale fine, Leo ha spiegato che la riforma IRPEF sarebbe finanziata da una revisione delle tax expenditures, cioè la giungla di detrazioni e deduzioni fiscali.

Ve ne sono più di 600 per un ammanco di gettito stimato in 156 miliardi di euro. Il tema è sensibile, specie dopo l’era, per certi versi deprecabile, dei bonus a pioggia. Le detrazioni più consistenti per impatto sul gettito sono quelle da lavoro dipendente, autonomo, pensionati, seguite dalle detrazioni al 19% come spese sanitarie, interessi sui mutui, spese per funerali, sport, assicurazioni per la vita, ecc.

L’idea prevalente nel governo non consisterebbe nel fare piazza pulita delle detrazioni IRPEF, anche perché spesso consentono ai redditi medio-bassi di pagare meno imposte scaricando diverse spese socialmente rilevanti. Gli stessi redditi medio-alti confidano in molti casi nelle detrazioni per pagare un po’ meno IRPEF. La filosofia della riforma fiscale, tuttavia, sarebbe proprio quella di abbassare le aliquote, in cambio riducendo le spese detraibili e deducibili. Verrebbe meno alla base l’esigenza dei contribuenti di scaricare alcuni costi sostenuti nel corso dell’anno.

Detrazioni IRPEF in somma fissa

Proprio perché serve equilibrio iniziale per evitare che qualche categoria di contribuenti finisca per pagare più IRPEF di prima, il governo avrebbe in mente di determinare una soglia di reddito oltre la quale tali detrazioni sarebbero fissate in valore assoluto. Ad esempio, per redditi sopra 35.000 euro lordi all’anno si potrebbero scaricare fino a tot migliaia di euro. Spetterebbe al contribuente decidere per quali voci di spesa avvalersi delle detrazioni nei limiti della somma massima a cui avrebbe diritto.

Chissà che questo sistema non possa essere introdotto per tutti i contribuenti, indipendentemente dai redditi dichiarati. In questo modo, lo stato conoscerebbe a priori quale sarebbe la riduzione massima di gettito fiscale accusato per l’esercizio in corso. La riforma IRPEF porterebbe non solo a una maggiore efficienza legata allo scambio tra aliquote più basse e minori detrazioni, ma anche a numeri pressoché meno incerti sulle entrate derivanti dalla principale imposta vigente nel nostro sistema tributario.

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