Riforma fiscale al via. Il governo Meloni l’ha presentata come la novità attesa da mezzo secolo e con la legge delega si è preso fino a ventiquattro mesi per attuarla. Tante le possibili novità, anche se per il momento siamo alla fissazione dei criteri generali su cui la riforma sarà impostata. Essa riguarderà un po’ tutti i tributi e punterà a un nuovo rapporto tra contribuenti e stato. La maggiore attenzione si concentra, tuttavia, sulle nuove possibili aliquote IRPEF. Parliamo dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, il cui gettito nel 2022 ha sfiorato i 206 miliardi di euro, pari a poco meno dell’11% del PIL.

Con la riforma già varata sotto il governo Draghi, le aliquote IRPEF sono scese da cinque a quattro. Ecco quali sono:

  • 23% fino a 15.000 euro;
  • 25% da 15.001 a 28.000 euro;
  • 35% da 28.001 a 50.000 euro;
  • 43% sopra 50.000 euro.

Il vice-ministro all’Economia, Maurizio Leo, ha confermato che il governo di centro-destra vuole ridurle ulteriormente da quattro a tre per la fase transitoria, con l’obiettivo finale di giungere a un’unica aliquota (“flat tax”) entro la legislatura. Non si è voluto sbilanciare sul punto, perché il tema delle coperture finanziarie è serio e pone limiti invalicabili a qualsiasi proposta.

Nuove aliquote IRPEF

In queste settimane, sono state rese note dalla stampa diverse ipotesi allo studio con esiti potenzialmente assai diversi sui redditi. Una nuova versione della riforma fiscale è stata riportata da Il Sole 24 Ore e sembra essere più credibile per ragioni di numeri e anche di opportunità politica. Ecco quali sarebbero le nuove aliquote IRPEF:

  • 23% fino a 28.000 euro;
  • 35% da 28.001 a 50.000 euro;
  • 43% sopra 50.000 euro.

Secondo questa ipotesi, i primi due scaglioni di reddito sarebbero fusi. In concreto, i redditi tra 15.000 e 28.000 euro pagherebbero la stessa aliquota del 23% fino ad oggi gravante sui primi 15.000 euro. Per gli altri redditi le aliquote IRPEF rimarrebbero provvisoriamente le stesse.

Il beneficio massimo si avrebbe dai 28.000 euro insù. Infatti, il contribuente risparmierebbe 260 euro di imposta, in quanto pagherebbe il 2% in meno sui 13.000 euro eccedenti i primi 15.000 euro di reddito. Per chi dichiarasse 28.000 euro, il risparmio ammonterebbe allo 0,93% del reddito. In valore assoluto, tale risparmio di 260 euro rimarrebbe intatto per i redditi più alti, sebbene in termini percentuali peserebbe di meno. Ad esempio, chi dichiarasse 50.000 euro, risparmierebbe lo 0,52%.

Taglio detrazioni e modifica calcolo

E le coperture finanziarie? Si troverebbero tagliando le detrazioni e le deduzioni fiscali. Dal taglio sarebbero escluse le spese sanitarie, scolastiche, sui mutui e i bonus casa. L’idea che sta sempre più prendendo piede consiste nel porre un limite a tali detrazioni in misura decrescente con il reddito. Ad esempio, i contribuenti rientranti nello scaglione più basso potrebbero portare in detrazione fino al 4% del reddito dichiarato; i contribuenti dello scaglione medio fino al 3% del reddito e, infine, per lo scaglione più alto le detrazioni sarebbero limitate al 2%. E’ probabile che le detrazioni siano azzerate sopra un certo livello di reddito, orientativamente di 100.000 euro.

Questa riforma fiscale comporterebbe un costo per lo stato intorno ai 3,5 miliardi di euro, interamente coperto dal taglio delle detrazioni. Prendendo per buone le ipotesi di cui sopra, ecco cosa accadrebbe a un contribuente italiano che dichiari un reddito di 25.000 euro. Risparmierebbe 200 euro d’imposta, pagando il 23% sull’intero importo e non più il 25% sopra i 15.000 euro. E avrebbe diritto a scaricare dalle tasse fino a un massimo di 1.000 euro (4% di 25.000 euro). Spetterebbe allo stesso contribuente decidere per quali voci di spesa avvalersi delle detrazioni.

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