Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, punta a riformare il sistema della previdenza non solo a valle, bensì anche a monte. Da un lato, razionalizzazione futura dei prepensionamenti, dall’altro incentivi a favore della previdenza integrativa. A tale proposito, dovrebbe essere garantito un altro semestre di cosiddetto “silenzio-assenso” per i lavoratori che volessero trasferire il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) verso un qualche schema privatistico.

Come si calcola il TFR

Il TFR è una peculiarità italiana, noto anche come “salario differito”.

Si tratta di una retribuzione accessoria erogata dal datore di lavoro al dipendente, ma non subito. Essa potrà essere corrisposta solo alla cessazione del rapporto di lavoro (licenziamento, dimissioni volontarie, pensionamento), salvo casi particolari.

Per calcolare il TFR a cui si ha diritto, bisogna applicare una percentuale di circa il 7% (6,91%) su tutta la massa salariale lorda percepita in virtù del rapporto di lavoro dipendente. Grosso modo, corrisponde a uno stipendio mensile. Infatti, quel 7% di cui dicevamo non è altro che l’intera retribuzione annua lorda (100) suddivisa per 13,5 (le mensilità medie di un lavoratore con tredicesima obbligatoria e quattordicesima facoltativa), dopo avere sottratto lo 0,50% da destinare a favore del Fondo Adeguamento Pensioni.

Maxi-rivalutazione TFR 2022

Ogni anno, il TFR accantonato si somma a quello precedentemente accumulato. Quest’ultimo va rivalutato, com’è ovvio che sia. Accade, ad esempio, lo stesso con i contributi INPS versati. La rivalutazione del TFR avviene nel seguente modo: si prende l’inflazione annua del mese di dicembre (o del mese in cui avviene la cessazione del rapporto di lavoro) e la si moltiplica per il fattore 0,75. Al dato così ottenuto va sommato 1,5%.

In pratica, la rivalutazione del TFR è pari al 75% del tasso d’inflazione più una componente fissa dell’1,5%. Non sappiamo ancora quale sarà l’indice dei prezzi a fine anno. Se rimanesse invariato rispetto al mese di novembre, il suo incremento annuale risulterebbe del 10,9%.

Questo ci esiterebbe una rivalutazione di circa il 9,7%. Sarebbe la più alta da diversi decenni a questa parte. E cosa più importante, batterebbe di gran lunga il rendimento offerto quest’anno dai fondi pensione.

Fondi pensione KO con crollo mercati

Questi hanno esitato nel primo semestre risultati assai negativi. Investendo sui mercati finanziari, hanno chiaramente risentito dei crolli azionari e obbligazionari avvenuti nel corso del 2022. I fondi negoziali hanno segnato -8,3%, i fondi aperti -9,7%. I PIP di ramo III hanno fatto ancora peggio: -10,3%. Verosimile, tuttavia, che il bilancio di tutto l’anno sarà molto meno negativo, grazie alla risalita di azioni e bond negli ultimi mesi.

E c’è da dire anche che i fondi pensione sono investimenti di lungo periodo. Nel decennio 2012-2021, hanno esitato un rendimento medio del 4,1% (fondi negoziali), del 4,6% (fondi aperti) e del 5% (PIP di ramo III). Il TFR ha offerto una rivalutazione annua inferiore al 2%. Quindi, la “vittoria” di quest’anno rappresenta un’eccezione. Essa è data dal fatto che l’inflazione è salita velocemente in tutta Europa, costringendo la Banca Centrale Europea ad alzare i tassi d’interesse, cosa che ha scatenato le vendite degli asset finanziari, provocandone il crollo di valore.

Per capire l’enorme impatto che avrà la maxi-rivalutazione del TFR, facciamo l’esempio di un lavoratore alle dipendenze della stessa azienda da 15 anni e che ha accumulato al 31 dicembre 2021 un importo di 25.000 euro. Ad occhio e croce, il suo TFR a gennaio salirà a 27.500 euro (+2.500 euro), oltre la quota accantonata nel 2022 da rivalutarsi a fine 2023. Per il datore di lavoro non è certo una buona notizia. Oltre a dovere accantonare somme più ingenti, dovrà provvedere al pagamento dell’imposta sostitutiva del 17% sulla rivalutazione con acconto a dicembre e saldo a febbraio.

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