Abrogazione della legge Fornero, reddito di cittadinanza, flat tax e sforamento del tetto del deficit al 3% del pil per fare investimenti pubblici. Sono alcuni dei punti principali contenuti nei programmi dei due partiti vincitori delle elezioni politiche del 4 marzo, Movimento 5 Stelle e Lega, che fanno accapponare la pelle a Bruxelles. Almeno uno dei due farà parte del prossimo governo, se non entrambi, come lascia supporre l’esito delle trattative sui nuovi presidenti delle Camere. In questo secondo caso, saremmo dinnanzi a un governo “sovranista” al 100%, ovvero caratterizzato da quell’inclinazione politica tesa a rivendicare maggiori poteri per gli stati nazionali nell’ambito della UE.

Posizioni, che sarebbero in netto contrasto con quelle ufficiali di Bruxelles e dei piani del francese Emmanuel Macron, che puntano a un’ulteriore integrazione politica nell’Eurozona, dando vita tra l’altro a un ministro delle Finanze unico e a un bilancio comune.

Ieri, si è fatto sentire anche il Fondo Monetario Internazionale con il direttore generale Christine Lagarde, che ha chiesto all’Europa di dotarsi di un proprio fondo di sostegno alle economie degli stati membri per i casi di crisi. “Bisogna riparare il tetto quando c’è il sole”, ha tuonato, appellandosi ai governi dell’unione monetaria, affinché “entro 6 mesi” provvedano a gettare le basi della nuova architettura, temendo che altrimenti potrebbe essere troppo tardi. Secondo la Lagarde, il fondo europeo dovrebbe essere alimentato da contributi pari allo 0,35% del pil di ogni stato dell’area e utilizzato in favore di quei paesi che registrassero deviazioni significative per i tassi di disoccupazione. Un simile meccanismo sarebbe in grado, a suo avviso, di dimezzare gli effetti negativi delle crisi.

Con l’appello, l’ex ministro delle Finanze francese ha svelato quanto forti siano le preoccupazioni tra gli organismi internazionali sull’imminente arrivo di una possibile crisi finanziaria nell’Eurozona, quando ancora non si sono nemmeno diradati gli effetti di quella precedente.

E le sue parole tradirebbero anche una certa paura per la china che gli eventi prenderebbero con un’Italia non più governata da forze europeiste. Da terza economia dell’area, travolgeremmo tutta l’impalcatura su sui si regge la moneta unica. Lo stesso ex commissario alla “spending review”, Carlo Cottarelli, anch’egli dirigente dell’FMI, ha chiarito sempre ieri che i nostri conti pubblici resterebbero “deboli” e che non avremmo approfittato del ritorno alla crescita nel 2017, con il pil ad essere salito dell’1,5%, per sostenere l’avanzo primario, rimasto all’1,9% del pil come nel 2012, ha osservato.

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I sovranisti dovranno scegliere una linea

Tutto questo, mentre il governatore della BCE, Mario Draghi, ha invitato l’Italia non solo a non toccare la legge Fornero, ma a tendere a un aumento dell’età pensionabile, viste le evoluzioni negative sul piano demografico, con la popolazione over 65 attesa al 60% nel 2070 contro una media europea per allora del 52%. Insomma, raddoppieranno gli anziani da qui a 50 anni, per cui serviranno più lavoratori e meno pensionati, ovvero alzare l’età a cui potere uscire dal lavoro.

Ora, un fondo europeo che possa agire da stabilizzatore finanziario (non economico, almeno sinora) lo abbiamo già e si chiama European Stability Mechanism (ESM), guidato dal tedesco Klaus Regling (la Germania tiene la cassa d’Europa). Secondo uno schema di riforma circolato nei mesi scorsi negli ambienti europei e avallato timidamente persino dall’austero ex ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, l’ESM arriverebbe a fungere da prestatore di ultima istanza per i casi di crisi finanziaria di uno degli stati dell’euro. In cambio, il governo firmerebbe un memorandum d’intesa, con cui accetterebbe di varare riforme economiche tese al rilancio della crescita nel medio-lungo termine e al risanamento dei conti pubblici.

A seconda delle versioni, la BCE assumerebbe anch’essa un ruolo, anche perché già oggi con l’Outright Monetary Transaction (OMT) del 2012, ribattezzato come “piano anti-spread”, l’istituto acquisterebbe titoli di stato di economie in affanno sui mercati, ma dietro l’assunzione di precisi obblighi.

Di queste riforme possibili si discuterà nella tarda primavera. Come dovrebbe comportarsi un governo sovranista? In sintesi, l’asse franco-tedesco potrebbe prospettargli una condivisione dei rischi sovrani e bancari, in cambio del rispetto delle regole fiscali da un lato e della prosecuzione del risanamento dei bilanci bancari dall’altro. Il meccanismo verrebbe completato con il tandem BCE-ESM, che riparerebbe l’Eurozona da una possibile prossima crisi finanziaria. In teoria, queste riforme andrebbero incontro a economie deboli come la nostra, indiziata per essere quella più a rischio di un nuovo remake del 2011-’12.

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Alle riforme non si scappa

Tuttavia, accettare tali proposte significherebbe cedere ulteriori quote di sovranità nazionale. Ci darebbero un ombrello, ma in cambio dovremmo ripararci sotto di esso insieme agli altri e mantenendo il passo con il resto del gruppo. Se ci ritraessimo, tuttavia, resteremmo esposti alle intemperie. Un bel dilemma per chi sta cercando di rappresentare istanze come quelle di Lega e M5S. Che fare? Tradire le promesse elettorali e accettare una maggiore integrazione con il resto dell’Eurozona, assoggettandosi ancora di più al potere di istituzioni sovranazionali come la Commissione UE, oppure portare fino in fondo la propria linea, ma rischiando di esporre l’Italia a una tempesta finanziaria futura?

In teoria, l’unica soluzione possibile per uscire da questo dilemma sarebbe smettere di fare l’Italia e cercare di guadagnare credibilità sui mercati e di rafforzarci sul piano economico, ma facendo le stesse riforme che ci vengono chieste dall’Europa.

Quali? Risanamento fiscale, riqualificazione della spesa pubblica (meno spese correnti e più investimenti, meno pensioni e più assistenza alle famiglie), taglio del cuneo fiscale, liberalizzazioni e privatizzazioni degli assets non essenziali, oltre che un gigantesco sforzo per ridurre la burocrazia e migliorare la governance. Dunque, non si scappa: o facciamo le riforme su “ordine” dell’Europa e con il contentino di un ombrello di protezione per i casi di crisi, oppure le variamo per nostro conto, sperando di colmare il gap con economie come la Germania e augurandoci di poterci così permettere di fare a meno delle reti di sostegno a cui aggrapparsi in caso di bisogno, visto che non dovremmo averne.

La storia recente ci dice che l’Italia rischia di non compiere alcuna scelta, come negli ultimi anni, quando abbiamo preferito scialacquare tempo e denaro concessoci dagli stimoli monetari della BCE per attuare politiche di breve termine, il cui impatto positivo sull’economia è stato risibile e che ci hanno fatto perdere un’occasione forse irripetibile per ambire a ribaltare il nostro destino tutt’altro che ineluttabile. Più che divisa da sovranismo o europeismo, la politica italiana risulta trasversalmente accomunata dall’immobilismo, ovvero dalla cronica assenza di scelte.

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