La Bundesbank è tornata alla carica. Tramite il suo governatore Joachim Nagel ha esortato la scorsa settimana la BCE ad agire in fretta e adeguatamente contro l’inflazione. Il tedesco ha lamentato che le aspettative d’inflazione in Germania sarebbero oggi meno ancorate rispetto a un anno fa. Ha aggiunto che un rialzo dei tassi timido e tardivo rischia di costringere la BCE a una stretta monetaria più dura nei mesi successivi, aumentando il costo per l’economia. Dal canto suo, il governatore Christine Lagarde ha confermato il rialzo dei tassi dello 0,25% a luglio, seguito possibilmente da uno più sostanzioso a settembre.

E contro il rischio di frammentazione monetaria è allo studio lo scudo anti-spread, che stando ai governatori del Nord Europa dovrebbe essere fortemente condizionato e non automatico. Insomma, una sorta di OMT, il piano varato da Mario Draghi nel 2012 e mai attuato proprio per l’effetto stigma a cui sottoporrebbe gli stati soccorsi.

Regole BCE da rivedere

In attesa di capire quali siano i criteri del nuovo scudo anti-spread, i cui dettagli tecnici saranno svelati non prima del prossimo board di luglio, esisterebbero già alcune iniziative che la BCE può prendere per contenere la frammentazione monetaria nell’Eurozona. Una di esse è stata comunicata dalla stessa banca centrale dopo il board d’emergenza di due settimane fa: sfruttare la flessibilità prevista dal PEPP, il piano anti-pandemico, in fase di riacquisto dei bond alla scadenza.

Di cosa parliamo? Con il “quantitative easing” (QE) ancora attivo per qualche altro giorno, la BCE può acquistare titoli di stato in percentuale pari alla quota che ciascun paese possiede nel capitale dell’istituto. Ad esempio, Banca d’Italia possiede il 17% del capitale rispetto all’intera quota detenuta dalle banche centrali dell’Eurozona. Ciò significa che la BCE può acquistare BTp per il 17% del totale. Con il PEPP tale vincolo (“capital key”) non esiste.

Ma il programma si è concluso nel marzo scorso e ammonta a 1.665 miliardi. Anche deviando dalle restrizioni del QE, la protezione garantita contro la speculazione sarebbe limitata.

A marzo, la stessa BCE riconobbe la possibilità di deviare in futuro da una delle regole peculiari che si è data e che non ha eguali tra le grandi banche centrali del mondo: legare l’accettazione dei titoli di stato come collaterale di garanzia ai rating delle agenzie internazionali. In pratica, la BCE fornisce liquidità alle banche commerciali dietro l’esibizione di queste di asset in garanzia, tra cui spesso i titoli di stato. Tuttavia, l’istituto accetta solo bond con rating “investment grade” (IG), cioè fino a una valutazione minima di BBB- o Baa3 o BBB (low) da parte di almeno una tra S&P, Fitch, Moody’s e DBRS.

Oltre a scudo anti-spread c’è il fattore rating

Cosa succede se uno stato venisse declassato al rating “spazzatura”? Non solo perde la fiducia dei mercati, ma la BCE non accetterebbe più i suoi bond per erogare liquidità alle banche. Con ciò accentuerebbe la spirale negativa tra declassamento e crisi sistemica. E’ quanto accadde alla Grecia nel 2015 durante le tensioni tra Atene e Bruxelles sul terzo “bailout”. E’ uno dei fattori che spiega la forte pressione sui BTp e, se vogliamo, sulla borsa italiana: poiché i rating dei nostri bond sono poco superiori al livello minimo accettato dalla BCE, i mercati temono che prima o poi il sistema Italia rischi di andare a gambe per aria. Non a caso, con il PEPP la BCE rinunciò nel 2020 ad avvalersi di tale clausola, così da poter comprare anche titoli di stato della Grecia.

E non è tutto: anche accettando tutti i bond con rating IG, applica uno sconto crescente sui titoli con rating via via più bassi.

In altre parole, se mi presento con BTp per 1 milione di euro nominali riceverò un prestito inferiore al caso in cui mi presentassi con Bund per lo stesso valore. Questo perché i Bund hanno rating più alti (tripla A). Questo meccanismo, tuttavia, non solo crea uno stigma negativo a carico dei titoli di stato italiani (e non solo), ma tende ad accentuare la frammentazione tra i sistemi bancari nazionali, nonché a scoraggiare gli acquisti di titoli con rating bassi. In definitiva, la BCE risulta essere una banca centrale anomala: anziché rassicurare i mercati, fomenta disparità tra stato e stato nell’unione monetaria.

[email protected]