Il presidente Andrzej Duda intende concludere i lavori per la conversione dei mutui in franchi svizzeri in zloty entro il mese di maggio o giugno prossimo, ponendo fine a un problema, che si trascina dall’inizio del 2015, quando la Schweizerische National-Bank (SNB), la banca centrale svizzera, ha abbandonato la difesa del cambio minimo con l’euro. E’ accaduto che più di mezzo milione di famiglie in Polonia aveva contratto prestiti immobiliari denominati nella valuta elvetica fino al 2008, prima che scoppiasse la crisi finanziaria mondiale, per un ammontare complessivo di 42 miliardi di dollari, approfittando sia della stabilità del cambio del franco svizzero con l’euro (e indirettamente con la divisa polacca), sia dei bassissimi tassi a cui tali mutui venivano erogati.

Con la fine del cambio minimo, però, il valore del franco è schizzato contro tutte le altre divise e arrivando a guadagnare oltre il 20% contro lo zloty. Al momento, la valuta elvetica risulta rafforzata del 10% rispetto ai livelli di inizio gennaio 2015, una percentuale non apparentemente tale da giustificare un allarme. In realtà, se prendiamo a riferimento il cambio tra franco e zloty dell’estate 2008, prima della crisi, si scopre che quest’ultimo ha perso contro il primo quasi il 50%, da qui il rischio insolvenza per numerose famiglie polacche, che avevano confidato in una certa stabilità del mercato valutario.

Governo polacco ostile alle banche

Il nuovo governo di Varsavia è da pochi mesi guidato da Legge e Giustizia, una formazione di destra, che già esprime da un anno anche la presidenza e che ha impostato la campagna elettorale proprio sull’attacco alle banche, alle quali ha imposto una nuova tassa patrimoniale, così come un aumento della contribuzione per il fondo garante dei depositi. Adesso, il presidente cerca di stringere una volta per tutte anche sulla questione dei mutui in franchi svizzeri e trapela l’intenzione di fissare per legge la loro conversione ai tassi di cambio storici, ovvero a quelli vigenti alla data di stipulazione dei contratti.

Questo meccanismo sgraverebbe del tutto i clienti dai maggiori costi per sostenere il pagamento delle rate, ma il governatore della banca centrale, Marek Belka, ha avvertito che costerebbe alle banche 44 miliardi di zloty (10,3 miliardi di dollari). L’authority finanziaria, invece, ha stimato il costo a carico degli istituti in ben 67 miliardi di zloty.      

Il piano Duda

I media polacchi riferiscono che il presidente Duda vorrebbe andare incontro anche alle banche, consentendo loro di ottenere dalla banca centrale prestiti rimborsabili fino a 20-30 anni. Ciò allevierebbe le loro sofferenze, ma sarebbe ugualmente una misura poco appetibile per il mercato, che rischia di restare sfiduciato anche sul ruolo di “asservimento” della banca centrale alla politica economica del governo. La questione ci riguarda come Italia più di quanto non crediamo. Unicredit è uno degli istituti maggiormente attivi in Polonia e insieme a Santander, ING e Raiffeisen rappresenta il 60% degli assets bancari del paese dell’Europa orientale. Dunque, l’eventuale misura “punitiva” verso le banche potrebbe avere ripercussioni anche su uno dei principali istituti italiani. Il fenomeno dei prestiti in franchi svizzeri nel nostro paese risulterebbe, invece, molto più limitato, anche se di recente vi abbiamo dato atto della situazione difficile, in cui versano 6.000 famiglie (leggi qui: https://www.investireoggi.it/risparmio/mutui-in-franchi-svizzeri-6-000-italiani-nei-guai-con-la-fine-del-cambio-minimo/).

Rischio di sfiduciare i mercati

Le misure paventate da Duda rischiano di esacerbare lo scontro con gli investitori stranieri, anche se il partito al governo ha già guidato il paese (2006-2009) e proprio negli anni di maggiore crescita dell’economia polacca dalla fine del comunismo. Per quanto meno ideologico della destra del premier ungherese Viktor Orban, mostra in questi primi mesi un atteggiamento di sfida al sistema bancario nazionale.

Una proposta del precedente esecutivo, guidato dai liberali di centro-destra, mirava a una soluzione più equilibrata, basata sulla suddivisione dei costi derivanti dall’indebolimento del cambio tra banche e clienti. Le prime avrebbero dovuto convertire i mutui ai tassi storici, ma dal calcolo avrebbero potuto scomputare il beneficio ottenuto dai secondi con l’ottenimento di interessi inferiori a quelli vigenti negli anni in Polonia.