In settimana, il consigliere esecutivo della Banca Centrale Europea (BCE), Isabel Schnabel, ha voluto ribadire che ci saranno “ulteriori aumenti significativi” dei tassi d’interesse nell’Area Euro. Un modo per spegnere l’entusiasmo dei mercati, forse un po’ prematuro dopo il dato sull’inflazione di dicembre. Al board di inizio febbraio, l’istituto alzerà i tassi verosimilmente di altri 50 punti base o 0,50%. E farà forse lo stesso anche al board successivo di marzo. Ciononostante, i rendimenti dei titoli di stato sono crollati nelle ultime sedute, così come anche lo spread.

A metà settimana, si attestava in area 185 punti base, cioè ai livelli precedenti all’ultima riunione del board BCE a dicembre e ai minimi dal maggio dello scorso anno.

Diremmo che le esternazioni dei “falchi” per il momento non stiano sortendo l’effetto sperato. Il mercato continua a credere che la stretta monetaria sia quasi al capolinea. La BCE cerca di convincerlo che così non è, tra l’altro con l’obiettivo non dichiarato di rafforzare il cambio euro-dollaro dopo il tonfo dello scorso anno ai minimi dal 2002. La dicotomia tra dichiarazioni pubbliche e andamento dei prezzi/rendimenti non porta solo buone notizie per i governi dell’Area Euro. Essa riflette in parte anche aspettative pessimistiche circa l’andamento dell’economia europea. Tra l’altro, la Banca Mondiale ha tagliato le stime di crescita per il PIL mondiale dal 3% all’1,7% per quest’anno, paventando la recessione in alcune aree del pianeta. Per l’Europa prevede crescita stagnante, mentre Goldman Sachs non intravede più la recessione.

Spread giù con calo rischio sovrano

Lo spread misura la percezione del rischio sovrano italiano. Questa risulta effettivamente ai minimi da mesi, monitorando i CDS a 5 anni, cioè i titoli che assicurano contro un eventuale default. A cos’è dovuto questo repentino miglioramento, che segue un altrettanto repentino peggioramento nella seconda metà di dicembre? Molto, ma non tutto, gira attorno ai tassi BCE.

Più sono intravisti in aumento, maggiori le difficoltà fiscali attese per un paese molto indebitato come l’Italia. Sarà un caso, ma la discesa dello spread marcatamente sotto i 200 punti ha coinciso con la visita di Ursula von der Leyen a Roma.

La presidente della Commissione europea ha incontrato la premier Giorgia Meloni. Oggetto della discussione capitoli come l’approvazione della riforma del MES, migranti, PNRR ed energia. Ai mercati piace tutto ciò che va nella direzione di favorire il dialogo tra Roma e Bruxelles. Le relazioni tra governo italiano e istituzioni comunitarie non si sono deteriorate con l’arrivo del centro-destra a Palazzo Chigi. Contrariamente alle attese, restano buone, pur nella divergenza di vedute su questioni come MES e contrasto al caro energia, in particolare.

Per paradosso, se ai rendimenti decennali sottraiamo l’ultimo tasso d’inflazione rilevato per dicembre, il BTp offre meno del Bund: -7,5% contro -6,3%. E’ evidente, però, che il mercato non stia scontando un’inflazione ferma ai livelli di questi ultimi mesi per i prossimi anni. Al contrario, per il lungo periodo crede alla capacità della BCE di centrare il target del 2%. Le aspettative ruotano attorno a questa soglia. Di fatto, i titoli di stato tedeschi renderebbero in termini reali poco sopra lo zero, quelli italiani al 2% abbondante. Il vero spread si misura così.

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