L’ondata di vendite che il lunedì 11 gennaio ha travolto i titoli MPS e Banca Carige ha confermato l’allarme, suonato tra i risparmiatori e i piccoli investitori italiani sin dalla fine del novembre scorso, quando il decreto “salva-banche” del governo Renzi ha evidenziato i rischi connessi all’acquisto dei bond bancari e persino dalla detenzione di grossi conti correnti e deposito, dato che a partire da quest’anno, con l’entrata in vigore del cosiddetto “bail-in”, anche questi ultimi potranno essere coinvolti nelle perdite per le somme superiori ai 100.000 euro.
Crediti deteriorati e sofferenze
In Italia, la media del Cet1 per le banche è dell’11%, quindi, ben al di sopra dei minimi regolamentari imposti. Ma tra banca e banca si hanno notevoli differenze, in quanto si spazia dal 20,79% di Fineco (la banca online del Gruppo Unicredit) al 6,80% della Banca Popolare di Vicenza. Quest’ultima, insieme a Veneto Banca (7,12%), è l’unica a mostrare un grado di patrimonializzazione insufficiente, ai fini delle regole europee.
Sofferenze bancarie a 95 miliardi, quasi la metà dei 200 dell’intero sistema nazionale
Ebbene, MPS ha oggi crediti deteriorati lordi per 47,4 miliardi di euro, che se possono apparire relativamente bassi, si consideri che valgono ben 5 volte il patrimonio netto dell’istituto e quasi 17 volte il suo valore di capitalizzazione in borsa. Vero è, però, che oltre la metà di questi crediti è stata già svalutata, per cui restano ancora da coprire solamente 21,3 miliardi di potenziali perdite, ma queste sono comunque più del doppio del patrimonio netto e 7,6 volte il valore in borsa di MPS. Quanto alle sofferenze, ovvero i crediti probabilmente in grossa parte già persi, esse ammontano al lordo a 24,4 miliardi, al netto a 8,4 miliardi. In sostanza, i prestiti con minore probabilità di rientro per l’istituto di Siena valgono il 90% del suo patrimonio netto e 3 volte la sua capitalizzazione a Piazza Affari. Quanto al rapporto con gli impieghi complessivi alla clientela, i crediti deteriorati lordi incidono per oltre il 42%, mentre le sofferenze nette per il 7,5%.
Unicredit e Intesa solide, MPS no
Infine, Intesa-Sanpaolo. L’istituto detiene crediti deteriorati per 64,4 miliardi, di cui quasi la metà già coperti, per cui quelli netti sono pari a 34,1 miliardi, circa il 9% degli impieghi. Le sofferenze lorde ammontano a 55 miliardi, ma quelle nette sono di appena 20,5 miliardi, meno della metà del valore del suo patrimonio netto e della sua capitalizzazione in borsa, che oggi si aggira sui 47,6 miliardi. Certo, nel caso di MPS potremmo eccepire che l’alta svalutazione dei crediti abbia inciso negativamente sui conti degli anni passati e che ciò abbia influito anche sul suo valore in borsa. Se ciò è verosimile, resta il fatto che le grandezze in discussione appaiono abbastanza squilibrate, considerando da un lato i crediti e le sofferenze netti e dall’altro il patrimonio netto e la capitalizzazione in borsa. In pratica, Rocca Salimbeni avrebbe rischi enormemente più elevati delle risorse con le quali potrebbe sostenerli. Viceversa, Unicredit e, in particolare, Intesa-Sanpaolo godrebbero di capitali superiori al massimo delle perdite, che potrebbero accusare. E chiediamoci, infine, come siano messe nel loro insieme queste prime 3 banche, rispetto alla media nazionale.