La scorsa settimana, il governo Scholz ha sorpreso l’intera Europa, mandando su tutte le furie particolarmente l’Italia, dopo avere presentato un piano da 200 miliardi di euro contro il caro bollette. Esso prevede un tetto nazionale al prezzo del gas per i consumi di base di famiglie e imprese, l’abbassamento dell’IVA dal 19% al 7% sul gas e il rinvio della chiusura di due centrali nucleari alla prossima primavera. Le prime due misure resteranno attive fino alla fine di marzo del 2024.

Il ministro delle Finanze, Christian Lindner, ha spiegato che le risorse saranno perlopiù rinvenute dal piano federale già varato contro la pandemia, per cui non si tratta di misure totalmente in deficit.

Il premier uscente Mario Draghi ha pubblicato una nota per opporsi a tale piano, giudicato grosso modo egoistico ed inefficace. D’intesa con la premier in pectore, Giorgia Meloni, egli ritiene che serva un tetto europeo al prezzo del gas. Viceversa, un prezzo nazionale, oltre a creare distorsioni di mercato, ha spiegato, rischia di creare disparità fortissime tra stato e stato nel fronteggiare la crisi energetica.

Caro bollette non per tutti uguale

Il timore di Draghi, in verità di tutti gli italiani, è che chi ha soldi può pagare le bollette a famiglie e imprese, tutelandole dai forti rincari dei prossimi mesi. Gli altri dovranno arrangiarsi. Interi prezzi di industria collasserebbero e i bilanci di milioni di famiglie ne risulterebbero devastati. Insomma, per alcuni stati c’è il serio rischio di una gravissima recessione economica con conseguenze sociali drammatiche e tendenzialmente durature. Un’impresa che chiude, difficilmente riuscirà a riaprire qualche mese dopo, anche quando la crisi energetica sarà alle spalle.

Questi timori appaiono fondati. Il punto è che la Germania può finanziare un prezzo del gas calmierato, indipendentemente da cosa facciano i partner dell’Eurozona. Essa ha finanze solide.

Ha chiuso il 2021 con un debito pubblico sotto il 70%. Prima della pandemia, era riuscita a contenerlo sotto il 60% del PIL. L’Italia considera un successo per quest’anno tendere a poco più del 145%. La differenze tra Roma e Berlino stanno tutte qua.

Avete presente il racconto di Esopo della formica e della cicala? In estate, mentre la formica lavorava per mettersi al sicuro con l’arrivo del freddo trasportando sulla schiena pezzi di cibo, legnetti e sassi, la cicala cantava. Quando arrivò l’inverno, la formica era preparatissima, disponendo di cibo e di un riparo dal freddo, la cicala no. Ed ecco che la seconda si vide costretta a bussare alla porta della formica per chiederle cibo e un posto al calduccio.

Sul prezzo del gas Germania può vincere la “guerra”

Mutatis mutandis, la storia del prezzo del gas è l’ennesima a sancire in Europa le differenze tra formiche e cicale, meglio noti rispettivamente come stati frugali/austeri e stati lassisti. I tedeschi possono metter mano al portafogli oggi per pagare spese impreviste, poiché negli anni buoni avevano messo da parte le risorse per i periodi negativi. Furono per questo accusati di eccessivo rigore praticamente dal resto del mondo. Fatto sta che oggi, senza dover chiedere il permesso a nessuno, possono difendere il loro sistema economico, mentre noi italiani, così come francesi, spagnoli, ecc., siamo costretti a mendicare una soluzione europea per sgravare i bilanci nazionali da costi altrimenti insostenibili.

Qualcosa di simile accadde con la crisi finanziaria mondiale del 2008-’09 e dopo ancora con la pandemia del biennio scorso. La musica è sempre la stessa: chi ben gestisce le proprie finanze nella buona e nella cattiva sorte, non ha bisogno di soccorsi esterni, di fondi ad hoc per elemosinare prestiti a tassi bassi e sussidi a fondo perduto. Imponendo un prezzo del gas calmierato al suo interno, la Germania riuscirebbe ad uscire persino vittoriosa per l’ennesima volta da una sfida globale.

Trasformerebbe il suo punto di debolezza – l’eccessiva dipendenza dal gas russo – in uno di forza, travolgendo la concorrenza industriale nell’Eurozona.

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