Marco Bolognini è un avvocato italiano, classe 1975, di origini bolognesi e residenti da 20 anni in Spagna, dove ha fondato Maio Legal, uno dei principali studi d’affari nel paese, con sedi a Madrid, Barcellona, Valencia, Siviglia Vigo e Città del Messico. Ci ha contattato per dire la sua sulla Spagna, economia in forte ripresa negli ultimi anni, dopo avere subito una crisi economica e finanziaria devastante e dai connotati apparentemente simili, se non peggiori, che in Italia. Lo “spread” tra Roma e Madrid, invece, si allarga di anno in anno e a sfavore nostro.

A novembre, i “ciudadanos” torneranno alle urne per la quarta volta in meno di 4 anni, ma di tracce di scosse sui mercati nemmeno l’ombra. Anzi, la curva dei Bonos si è praticamente azzerata e giace ben sotto i livelli italiani, offrendo rendimenti dimezzati sul tratto a lunga scadenza.

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Com’è stato possibile questo sorpasso? Perché abbiamo la reale sensazione che l’Europa mal-tratti l’Italia come la pecora nera del continente, mentre coccoli gli spagnoli? Di tutto questo abbiamo parlato con Bolognini, che ci ha confermato il diverso clima imperante in Spagna. “Quando torno in Italia e mi relaziono con persone della mia età o di pochi anni più giovani, noto quasi sempre pessimismo sul futuro. In Spagna, i trentenni e i quarantenni sono quasi tutti ottimisti”, spiega. E aggiunge “questo diverso approccio psicologico impatta sull’economia”.

Già, la psicologia è forse tutto per un’economia, ma a questo punto gli chiedo perché gli spagnoli siano così ottimisti, mentre noi italiani no. La spiegazione è complessa, perché le storie dei due paesi divergono. La Spagna è fondamentalmente ordinata, a differenza dell’Italia. Concordiamo entrambi sul punto e arriviamo a un’altra conclusione, forse ovvia: la crescita della Spagna, il suo ingresso nel mondo del benessere coincidono con l’ingresso nell’Unione Europea o ex CEE.

E Bolognini aggiunge che la stessa politica a Madrid è altra roba che a Roma, notando come il premier Pedro Sanchez abbia rinunciato a formare un governo con Podemos, nonostante gli elettori spagnoli fossero favorevoli alla stabilità e contrari al ritorno alle urne, pur di non annacquare il programma del suo Partito Socialista.

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E osserva come Re Felipe abbia sciolto il Parlamento in fretta e su richiesta del premier, come tutto in Spagna sia veloce, a partire dalle infrastrutture. Si costruisce in fretta, spiega, anche se non nega che persino la ripresa di questi anni possa essere trainata da una nuova bolla immobiliare. Ad ogni modo, gli spagnoli sembrano avere trovato una loro dimensione comoda nell’euro, a differenza di noi italiani: intrattengono relazioni molto amichevoli con l’asse franco-tedesco e senza grosse pretese, al contempo concentrando la loro politica estera su Marocco e America Latina. Per essere chiari, Bolognini ritiene che Madrid abbia puntato con successo a ritagliarsi nell’Eurozona il ruolo di alleato subordinato di francesi e tedeschi, ma con un’autonomia assai dignitosa che ne salvaguardi gli interessi nazionali, sia alla frontiera con il Nord Africa (niente sbarchi di clandestini), sia nel Sud America, da cui proviene il grosso dell’immigrazione per ragioni di affinità linguistica e senza significativi problemi d’integrazione.

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E altro capitolo spinoso: i fondi europei. In Spagna, continua Bolognini, sono stati perlopiù utilizzati bene, a scopo di sviluppo, sebbene non siano mancati sprechi e corruzione. Ciò avrebbe reso il paese meno disomogeneo dell’Italia, dove le distanze tra nord e sud non accennano a diminuire, anzi si allargano e alimentano la sfiducia verso le istituzioni e l’instabilità politica perenne.

Insomma, gli spagnoli di ogni età non avrebbero motivo valido per scagliarsi contro le istituzioni europee.

Grazie a questo clima e alle peculiarità storiche, la Spagna si presenterebbe più rassicurante sul piano politico, non esistendo alcuna formazione realmente anti-sistema, né ostile all’euro e alle istituzioni comunitarie. L’avvocato rimarca come i socialisti, ad esempio, siano strenui sostenitori della monarchia spagnola e non esistano movimenti che spingano per l’uscita dall’euro. L’ordine sembra preservato, forse eredità di una lunga stagione franchista improntata alla disciplina e alla tendenza verticistica delle istituzioni. Comunque la si pensi, gli spagnoli hanno trovato la loro dimensione, noi italiani sembriamo eternamente alla ricerca di essa, anche perché diverse sarebbero le nostre ambizioni, almeno di condividere con tedeschi e francesi il ruolo di comprimari a Bruxelles.

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