Per capire cosa sia successo davvero nella giornata di mercoledì dovremmo forse riavvolgere il nastro a diverso tempo fa. Non questione di giorni, settimane o mesi, bensì di anni. Per l’esattezza, undici. Torniamo al 2011, un anno tante volte evocato in questa fase, dato che la BCE per la prima volta da allora ha appena alzato i tassi d’interesse. E proprio la BCE fa parte di questo racconto che vi proponiamo. Per cosa resta infaustamente famoso nell’immaginario nazionale il 2011? La crisi dello spread.

I rendimenti italiani esplosero, così come quelli di Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda (PIIGS) e avrebbero costretto verso la fine dell’anno il premier Silvio Berlusconi a rassegnare le dimissioni.

Dalla crisi dello spread a Draghi

Lo spread iniziò a infuriare quell’anno già dalla tarda primavera, a causa della crisi dei debiti sovrani di Grecia, Irlanda e Portogallo. Sui mercati si diffondeva la sensazione che l’Eurozona non fosse dotata di meccanismi capaci di proteggere automaticamente i bond sovrani da un attacco speculativo. BTp e Bonos finirono nel mirino.

Durante quelle settimane, Berlusconi riuscì a convincere i colleghi di Germania e Francia, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, ad appoggiare la candidatura di Mario Draghi, a capo della Banca d’Italia, a governatore della BCE. Dal novembre successivo, infatti, sarebbe scaduto il mandato del francese Jean-Claude Trichet. Questi aveva affrontato la crisi dei debiti con gli scarsi strumenti di cui ancora la BCE disponeva. Anzi, in quei mesi tornava ad alzare i tassi d’interesse, accentuando la tempesta finanziaria a carico dei titoli di stato nel Sud Europa.

La nomina di Draghi fu un indubbio successo internazionale dell’Italia di quei mesi. Eppure il premier non fu affatto ricompensato dal beneficiario. Da governatore “in pectore”, l’allora capo della Banca d’Italia sottoscrisse insieme a Trichet una dura lettera con cui invitava il governo italiano ad adottare in breve tempo una cinquantina di riforme economiche per recuperare la fiducia dei mercati.

La missiva sarebbe dovuta rimanere segreta, ma fu svelata dai media e dopo l’estate del 2011 provocò la definitiva esplosione della crisi dello spread.

I rendimenti italiani s’impennarono a livelli insostenibili. Agli inizi di novembre, un’asta di BoT a 6 mesi arrivò ad esitare un drammatico 6,40%. Berlusconi decise di dimettersi per lasciare il posto a Mario Monti, professore bocconiano. E così, quel Draghi che il Cavaliere aveva nominato nel 2005 governatore della Banca d’Italia e pochi mesi prima fatto insediare niente di meno che a Francoforte, non solo non aveva mostrato alcuna riconoscenza, ma era stato concausa delle sue dimissioni.

Scarsa fiducia tra Draghi e Berlusconi

Questo non significa che la crisi del governo Draghi sia stata dovuta a una vendetta servita a distanza di così tanti anni. C’è di vero, però, che tra i due sarebbe venuta meno la fiducia. Anche perché sempre Draghi neppure informò Berlusconi su quali ministri di Forza Italia avrebbe nominato nel suo governo un anno e mezzo fa. Anzi, portò con sé le persone più sgradite all’ex premier, vale a dire Renato Brunetta, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna. L’ennesimo sgarbo reso a colui che ha reso possibile la trasformazione di un direttore generale del Tesoro a uno degli uomini più potenti dei consessi internazionali.

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