I prezzi delle materie prime sono scesi ai minimi dalla fine degli anni Novanta e oggi le quotazioni del petrolio si sono portate ai livelli più bassi degli ultimi 11 anni, con il Wti a New York sotto i 34 dollari al barile. Il 2015 si conferma anche agli sgoccioli, quindi, l’anno nero delle commodities, ma gli analisti non sembrano ottimisti sull’anno che verrà. Gli analisti di Macquerie, con sede in Australia, una delle economie colpite dalla crisi delle materie prime, sostengono che le pressioni sul comparto persisteranno, specie sui metalli.

La ragione? La crescita della produzione industriale mondiale sarà nel 2016 solo del 2,3%, per cui non ci sarà un balzo della domanda di metalli e altre commodities. Negli anni passati, spiega il gruppo, il mercato ha erroneamente ipotizzato che la Cina continuasse a crescere ai livelli rampanti di questi ultimi decenni, mentre non è questo il caso, come stiamo notando con il deciso rallentamento in corso. Da ciò ne è derivata una crisi di sovrapproduzione, in particolare, nell’industria dell’acciaio, in quella mineraria e altre. Pertanto, se da un lato siamo vicini al fondo, dall’altro Macquerie ritiene che esso potrebbe persistere a lungo, anche tutto il 2016, non essendoci in vista driver decisivi per una svolta della domanda. Ecco, quindi, che i prezzi dei metalli quest’anno dovrebbero scendere del 16%. E proprio la Cina è al centro degli strali dell’industria dell’acciaio europea per l’eccesso di produzione, stimata a un terzo di quella complessiva, che si riversa sul resto del pianeta, dato che le fonderie cinesi producono la metà dell’intero acciaio mondiale. D’altro canto, Pechino starebbe sostenendo le quotazioni del greggio con l’accumulo delle riserve strategiche, approfittando dei bassi prezzi di questi mesi, anche se il rallentamento della sua economia contribuisce a deprimere il mercato petrolifero, così come le altre materie prime.