Mentre le stamperie delle principali banche centrali del pianeta lavorano senza sosta e i tassi continuano ad essere tagliati sotto lo zero o a restare a livelli nulli in gran parte del mondo, si fanno più evidenti le conseguenze nefaste del credito a bassissimo costo di questi anni, in quanto cresce il rischio che sia vicino lo scoppio della bolla immobiliare imperante in diversi paesi. All’inizio dell’anno, la Danimarca ha reagito al rafforzamento della corona, che avrebbe potuto  far naufragare l’ancoraggio all’euro sin dal 2000, tagliando i tassi sui depositi fino al -0,75% per impedire ulteriori afflussi di capitali esteri.

Risultato? I tassi decennali sui mutui sono scivolati per la prima volta nella storia sotto zero; in sostanza, erano le banche a pagare i clienti per offrire loro denaro per l’acquisto di un immobile. I mutui trentennali venivano offerti al tasso imbattibile dell’1,5%. Non è un problema da poco per un paese, dove le famiglie risultano tra le più indebitate al mondo, con esposizioni pari al 300% del loro reddito disponibile. A Copenaghen, il prezzo delle case è cresciuto mediamente del 50% negli ultimi 3 anni, guarda caso in coincidenza con l’adozione da parte della banca centrale dei tassi negativi, anticipando una tendenza, che avrebbe preso piede nel resto del pianeta, specie in Europa, negli anni seguenti.  

Prezzi case Svezia fuori controllo, follia a Londra

Non meno pericolosa è la situazione in Svezia, dove le famiglie sono indebitamente mediamente per il 175% del loro reddito disponibile e il prezzo delle case è triplicato dal 1995 ad oggi e risulta salito quest’anno nella capitale Stoccolma tra il 15% e il 20% rispetto al 2014, arrivando alla bellezza di 6.350 dollari per metro quadrato, 400 in meno del costo medio per l’acquisto di un appartamento a Londra. Un’assurdità, amplificata anche dalla scarsa offerta di nuove case e che il governo teme possa aggravarsi con l’arrivo di centinaia di migliaia di profughi siriani.

Oggi come oggi, a una famiglia svedese servirebbero 100 anni per ripagare il mutuo, che fino al 2010 poteva essere contratto al 100% del valore di acquisto dell’immobile e da allora all’85%. La follia maggiore si sta registrando a Londra, dove i prezzi degli appartamenti sono il 6% più alti di quelli del 2007 (ultimo anno prima della crisi finanziaria), quando nel resto del Regno Unito sono scesi in media del 18%. Solo dal 2009 al 2014, i prezzi a Londra sono cresciuti del 68%. Ciò, nonostante il reddito medio delle famiglie di Sua Maestà sia diminuito nel frattempo del 7%. Si  è arrivati al punto che a un lavoratore specializzato del settore terziario servirebbero mediamente 14 anni di stipendio o 30 anni di affitto per acquistare un appartamento nella capitale britannica di appena 60 metri quadrati. Si stima che a Londra si costruisca appena un terzo delle 56 mila nuove case di cui il mercato ogni anno avrebbe bisogno per soddisfare la domanda. Mediamente, un appartamento affittato rende al proprietario più del 5%, mentre viene venduto in questi giorni a 500 mila sterline.  

Bolla immobiliare è minaccia globale

La bolla immobiliare riguarda anche gli USA e l’Asia. Il Global Real Estate Bubble Index di Ubs ha trovato, ad esempio, che Hong Kong sarebbe alle spalle delle capitale britannica nel mondo quale luogo, in cui maggiormente si concentrerebbe il rischio di una forte correzione dei prezzi. Diverse realtà urbane americane sono coinvolte dal fenomeno, come San Francisco e in misura minore New York e Boston. Preoccupa, in particolare, che quasi un quarto degli acquisti di immobili negli USA da parte di stranieri arrivi dalla Cina (19% nel marzo 2013) per un controvalore di 22 miliardi di dollari, segnalando come il real estate americano sarebbe oggetto di investimenti speculativi, così come Hong Kong, che non a caso è il luogo preferito dai cinesi per investire nel mattone, tanto che all’inizio dello scorso anno le autorità locali hanno avvertito il rumore dei  primi scricchiolii del mercato, quando gli investitori cinesi hanno iniziato a fuggire.

La nuova sfornata di nuovi stimoli monetari nell’Eurozona e la reazione delle altre banche centrali del Nord Europa non fanno sperare nulla di buono, perché si prospetta un periodo ancora più lungo di tassi zero e di incentivo all’indebitamento per l’acquisto di una casa. Poiché i prezzi degli immobili continuano a correre a ritmi di gran lunga maggiori a quelli di crescita dei redditi, tali livelli iniziano ad essere evidentemente insostenibili e al primo rallentamento della domanda rischiano di crollare vertiginosamente, trascinando nel baratro le banche e le famiglie che hanno comprato casa come bene d’investimento. Sarebbe una riedizione globale della crisi dei mutui “subprime” del 2008.