La decisione di giovedì della Banca Nazionale Svizzera (BNS) di alzare i tassi d’interesse è stata accolta come uno choc sui mercati. L’istituto ha aumentato il costo del denaro dello 0,50% al -0,25% per la prima volta dal lontano 2007. Pochi analisti si aspettavano una simile mossa. Goldman Sachs è uno di questi, ma l’entità della stretta monetaria ha sorpreso un po’ tutti, anche perché l’inflazione nel paese alpino ancora è relativamente contenuta: 2,9% a maggio. E non è stata l’unica novità sorprendente della riunione del board.

Nel comunicato finale, il franco svizzero non è stato più definito “altamente sopravvalutato”. Al punto che il governatore Thomas Jordan si è impegnato a difendere il tasso di cambio contro un possibile deprezzamento, l’opposto di quanto dichiarato in tutti questi ultimi anni.

L’annuncio choc di Jordan

Il cambio tra euro e franco svizzero è sceso nelle ore successive 1,014, segnando un nuovo minimo storico. Questione di tempo e la parità dovrebbe essere raggiunta e persino sfondata al ribasso. Ricordiamo che tra il settembre 2011 e il gennaio 2015, l’istituto introdusse unilateralmente un cambio minimo di 1,20 contro l’euro per evitare l’eccessivo rafforzamento del franco svizzero. Dovette abbandonarlo di colpo per gli ingenti afflussi di capitali seguiti alla crisi dell’euro, per contrastare i quali Jordan varò una politica monetaria ultra-espansiva tra tassi negativi e acquisti di azioni e obbligazioni straniere.

Al momento, in portafoglio la BNS possiede asset in valute straniere per 956 miliardi di franchi, qualcosa come il oltre il 120% del PIL domestico. Nel 2007, all’epoca dell’ultimo rialzo dei tassi prima di quello di giovedì scorso, ammontavano a meno di 50 miliardi, ben sotto il 10% del PIL. Tra questi figurano 177 miliardi di dollari in titoli azionari quotati a Wall Street. In teoria, essa potrebbe rivendere parte di questa immensa ricchezza accumulata nell’ultimo decennio per sostenere il franco svizzero.

Tuttavia, probabile che agirà principalmente attraverso il rialzo dei tassi d’interesse, i quali ancora sono negativi.

Perché la BNS vuole un franco svizzero forte

Perché la minaccia di difendere un cambio già forte? A differenza degli anni passati, quando la Svizzera temeva la deflazione, adesso vede come rischio l’alta inflazione. Un franco svizzero ancora più forte ridurrebbe il costo dei beni importati e allieverebbe l’aumento dei prezzi domestici. Indipendentemente da queste mosse, il ritorno alle tensioni nell’Eurozona sosterranno gli afflussi dei capitali nel paese alpino e, quindi, il cambio. La vera novità è che adesso alla BNS non dispiace affatto questo apprezzamento.

Il rialzo dei tassi anticipa quello di luglio della BCE. Ed è stato voluto per impedire il deprezzamento del franco svizzero contro l’euro. In questo modo, la tendenza rimarrà rialzista anche nei prossimi mesi. Potrebbe anche accadere che i mercati inizino a testare il livello massimo del cambio tollerato dalla SNB. Un po’ come avvenne tra fine 2014 e inizio 2015, quando Jordan dovette capitolare sul cambio minimo. Forti correzioni sono possibili e per l’euro le buone notizie diminuiscono di giorno in giorno.

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