Eravamo agli inizi di marzo, quando la quotazione dell’oro toccava il suo nuovo massimo storico sopra 2.043 dollari l’oncia. Nei giorni precedenti, la Russia aveva invaso l’Ucraina e il mondo era precipitato nella più grave crisi geopolitica dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’esplosione dei prezzi di petrolio e gas aveva lanciato l’allarme circa i futuri tassi d’inflazione. La corsa all’oro sembrava inarrestabile. Venerdì scorso, per un’oncia bastavano 1.655 dollari, quasi un quarto in meno dai massimi.

E, soprattutto, si è trattato del prezzo più basso da quasi due anni e mezzo. Per trovare valori inferiori bisogna risalire, infatti, all’aprile del 2020. Erano le prime settimane di pandemia, quando l’Occidente chiudeva le attività e imponeva restrizioni anti-Covid a detrimento della sua economia.

FED killer della quotazione dell’oro

Il killer della quotazione dell’oro ha un nome e cognome: Jerome Powell, colui che l’ex presidente americano Donald Trump chiamava quasi affettuosamente (a fasi alterne) “Jay”. E’ il governatore della Federal Reserve, la banca centrale americana. Ha già alzato i tassi d’interesse al 2,50% e questa settimana li porterà al 3,25%. Il mercato sconta tassi al 4% entro fine anno e al 4,50% nei primi mesi dell’anno prossimo.

Il rialzo dei tassi FED sta sostenendo i rendimenti americani. Il Treasury a 10 anni offre il 3,45%, il Treasury a 2 anni il 3,90%. Sta, inoltre, tenendo alto il dollaro, che resta ai massimi da venti anni a questa parte e guadagna mediamente il 15% quest’anno contro le principali valute mondiali. Alti tassi e super dollaro zavorrano la quotazione dell’oro. Il metallo è un asset senza cedola. Chi lo compra, lo fa generalmente per proteggersi da alcuni rischi, inflazione in primis.

E crolla anche di più l’argento

Sembra curioso che proprio adesso che l’inflazione è schizzata ai massimi dagli anni Ottanta un po’ in tutte le economie avanzate, l’oro ripieghi.

Il punto è che le aspettative d’inflazione per il medio-lungo termine restano ancorate ai target delle banche centrali e il rialzo dei tassi sta impattando sui cambi, rendendo la quotazione dell’oro più cara per gli investitori non americani di quanto suggerirebbe un’analisi superficiale. Inoltre, il guadagno per chi inserisce oro nel suo portafoglio d’investimenti vi sarà – se vi sarà – solo all’atto del disinvestimento. Fino ad allora, non vedrà il becco di un quattrino. Viceversa, chi acquista un bond, da qualche mese può confidare su cedole più generose e/o prezzi di acquisto bassi.

Da notare come in un paio di settimane, il rapporto tra quotazione dell’oro e quella dell’argento sia crollato da 96,50 a 87,35. Ciò segnala come la prima sia scesa ben più velocemente. Ma agli inizi di marzo, si attestava in area 78, per cui ad avere perso maggiormente smalto negli ultimi mesi è stato proprio l’argento. Non poteva essere altrimenti, trattandosi di un metallo impiegato perlopiù nella produzione di beni come l’elettronica di consumo. Produzione in crisi tra caro bollette, tensioni geopolitiche e filiere bloccate ancora dalla pandemia in giro per il mondo.

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