L’economia italiana rischia di bruciare una trentina di anni, non intravedendosi la ripresa effettiva prima del 2028 e dopo che già non cresce sin dagli inizi del nuovo Millennio. E’ quanto ha pubblicato ieri Confindustria, che aggiornando le stime di crescita per il biennio 2016-’17, le ha abbassate, smentendo le previsioni ottimistiche del governo Renzi, che ancora punta a una crescita dello 0,9% per quest’anno (leggi anche: Crescita italiana ferma da 15 anni).

La ripresa del pil sembra essersi arrestata e Viale dell’Astronomia non vede alcunché di positivo per i prossimi mesi, spiegando come siano quasi 8 milioni le persone senza un lavoro in Italia, includendovi oltre ai disoccupati anche gli inattivi desiderosi di trovare un impiego e i lavoratori part-time involontari, ossia quanti vorrebbero lavorare a tempo pieno, ma si devono accontentare di un’occupazione parziale.

Economia italiana ferma, stime pil pessime

Confindustria conferma la sensazione che sia necessaria una manovra correttiva dei conti pubblici, quando lancia l’allarme di 16,6 miliardi di euro necessari per raggiungere i target fiscali assegnati al nostro paese per l’anno prossimo, una cifra, che per essere reperita impatterebbe gravemente sull’economia italiana. Senza nuova flessibilità, quindi, non potremmo centrare gli obiettivi e già quest’anno il debito pubblico è atteso in crescita rispetto al pil a oltre il 133% (133,3%), quando il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ne aveva assicurato e continua ad assicurare una discesa.

La difesa del governo è affidata proprio al responsabile del Tesoro, che ribatte alle previsioni deludenti di Confindustria, sostenendo di essere in possesso di dati migliori. Eppure, non solo gli industriali ritengono che nel 2017 la crescita sia di appena mezzo punto percentuale, ma che non sia nemmeno scontata, che vada “conquistata”.

 

 

 

Rischio recessione

Letto tra le righe, Confindustria sta segnalando il rischio di uno scivolamento dell’economia italiana verso la recessione.

Questa interpretazione emerge anche dalle ultime anticipazioni dell’Istat, secondo cui non sarebbero in atto segnali positivi per i prossimi trimestri, dopo che la crescita nel secondo di quest’anno è stata nulla.

Con una crescita economica quasi spenta e la necessità di reperire quasi 17 miliardi per ottemperare agli impegni assunti in sede europea, possiamo permetterci una manovra finanziaria di stampo pre-elettorale, come da impostazione del governo, che tra aumenti delle pensioni, flessibilità in uscita dal lavoro e taglio dell’IRES, avrebbe così bisogno di una legge di stabilità sui 20 miliardi? (Leggi anche: L’Italia punta sugli anziani).

Altro che flessibilità, ci sarà austerità dopo il referendum

Il rischio reale sta nel trovarsi dinnanzi a una sorpresa amara dopo il referendum costituzionale, comunque vada a finire. Se vince il “no”, un eventuale nuovo governo troverebbe più facile cambiare impostazione e varare una manovra restrittiva, dovendosi disinnescare clausole di salvaguardia per 15,5 miliardi, altrimenti scatterebbero aumenti automatici dell’IVA.

Se a vincere fosse il “sì”, lo stesso premier Matteo Renzi potrebbe approfittare dei dati definitivi sul pil nel terzo trimestre, dunque del quadro molto più chiaro sulla piega che starebbe prendendo la nostra economia, per sterzare con misure di tamponamento dei conti pubblici, dando per scontato che la UE gli andrebbe incontro con nuova flessibilità. Comunque sia, le cose non si metterebbero bene per il bilancio pubblico e in arrivo potrebbe rendersi necessaria una nuova ondata di austerità.