Dopo aver fatto l’en plein in 5 Stati su 5 nell’ultimo Super Tuesday che di fatto lo ha ulteriormente consacrato come il candidato repubblicano favorito per la corsa alla Casa Bianca, Donald Trump è stato protagonista dell’atteso discorso sulla sua visione della politica estera, espletato all’hotel Mayflower di Washington, a pochi passi dalla agognata Casa Bianca. Un discorso in cui Trump ci ha tenuto a essere più serio delle precedenti uscite, forse per non rischiare nulla sulla volata finale, tant’è che il suo discorso è apparso anche su un gobbo, pratica criticata spesso dal tycoon newyorchese.

Trump non ha parlato di muri, stavolta, ma ha dato un assaggio di cosa farà in politica estera se dovesse diventare il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America.   [tweet_box design=”box_09″ float=”none”]#DonaldTrump ha parlato di politica estera: ecco cosa farebbe se salisse alla Casa Bianca[/tweet_box]   Donald Trump ha dunque promesso il ritiro delle compagini militari americane da alcune parti del mondo che, qualora vogliano l’aiuto militare americano, saranno costretti a generosi esborsi. Al contempo uno degli obiettivi principali della sua politica sarà quello di aumentare in maniera considerevole le spese militari, aumentare il numero di soldati, navi e aerei da guerra in un piano di espansione notevole dell’esercito americano, modernizzare e rinnovare l’arsenale nucleare, ragionare sulle attuali alleanze con alcuni Paesi europei e infine ragionare su un possibile addio alla NATO, rea di influire pesantemente sulle scelte degli Stati Uniti in fatto di politica estera.   Ovviamente Trump ha anche fortemente criticato le amministrazioni USA precedenti, dalla caduta del muro di Berlino in poi, accusando in particolare George W. Bush di aver attaccato l’Iraq destabilizzando l’intero Medio Oriente e incolpando Barack Obama della nascita dell’Isis a causa delle sue sciagurate scelte in politica estera.
Isis che, se Trump diventasse presidente, “avrebbe i giorni contati”. Su questo punto il magnate americano è stato chiaro: “Ora siamo troppo prevedibili, annunciamo le truppe e arrivano le truppe… dobbiamo essere più imprevedibili. Con me alla presidenza, l’Isis scomparirà velocemente, molto velocemente”.   Trump ha così incolpato Clinton, Bush jr. e Obama del caos e della destabilizzazione creata che ha messo in serio pericolo la sicurezza americana, ma che se dovesse diventare presidente, quest’ultima diventerebbe la priorità assoluta, attraverso un rafforzamento e un ampliamento delle forze dell’esercito militare. “La mia politica estera”, ha affermato “metterà sempre gli interessi del popolo americano e della sicurezza americana sopra a tutto. Questo deve essere il punto di partenza. E questo sarà il fondamento di ogni decisione che prenderò”.   Sul discorso di Donald Trump che stiamo riportando in brevi frammenti più significativi, il Wall Street Journal lo ha definito parzialmente “un tentativo di mostrare Trump come un personaggio serio e un potenziale capo delle forze armate“, un messaggio emblematico, soprattutto quest’ultima parte, perché si focalizza sul punto centrale del suo intervento: l’espansione dell’esercito militare americano a scopo più di difesa che di attacco. Pur non parlando di muri, Trump è stato chiaro sul fatto di voler ritirare le truppe da alcune zone del mondo e rafforzare le misure di sicurezza al suo interno. Non ha parlato né di espellere musulmani, né di erigere muri contro il Messico, ma l’impressione è che queste due promesse permarranno e torneranno in auge dopo la vittoria alle primarie.   L’America prima di tutto: per Donald Trump, la politica estera può sintetizzarsi proprio in questa frase. Prima gli Stati Uniti, poi le altre parti del mondo. Prima la sicurezza interna, poi forse possiamo dare uno sguardo all’esterno. Una risposta più che concreta alle precedenti amministrazioni, anche se la sensazione che si è diffusa negli USA dopo il suo intervento tra gli addetti stampa e l’opinione pubblica è che Hillary Clinton sia molto più ferrata in tema di politica estera, anche a causa della sua esperienza pluriennale, prima come first lady ai tempi del marito Bill, poi come segretario di Stato nell’amministrazione Obama.
Tuttavia c’è a chi la politica estera americana non è mai piaciuta e per questo motivo sosterrà le tesi di Trump, che nei suoi discorsi sembra mirare più alla pancia – quella che si sfama facilmente – che alla testa.