Se ci sono tre qualità che si richiedono ad una banca centrale è che sia “predictable”, “clear” e “consistent” con il proprio mandato. La Banca Centrale Europea (BCE) di Christine Lagarde è tutto fuorché prevedibile e con un messaggio chiaro. Anche l’ultima conferenza stampa di giovedì scorso successiva al board è stata l’ennesimo disastro sotto il profilo della comunicazione. L’istituto ha alzato i tassi d’interesse dello 0,50%, ha messo le mani avanti che farà altrettanto a marzo e confermato il taglio dei riacquisti dei bond dal mese prossimo.

I mercati hanno inizialmente reagito con maxi-rialzi per azioni e bond. Il rendimento decennale italiano colava a picco e lo spread stringeva. Dopo sono arrivati i soliti aggiustamenti di tiro da Francoforte. Ieri, ad esempio, il governatore lettone Martins Kazaks ha lamentato una comunicazione carente della BCE sul rialzo dei tassi, sostenendo che a marzo serviranno dati sorprendentemente positivi per rimangiarsi la parola.

Dopo BCE euro e bond giù

Fatto sta che poco prima che la BCE emettesse il comunicato delle ore 14.15, il cambio euro-dollaro si era portato sopra la soglia di 1,10 per la prima volta dopo nove mesi. Invece, ieri risultava sceso a 1,07, ai minimi da quasi un mese. Viceversa, i rendimenti sovrani dopo la conferenza stampa sprofondavano, con il Bund a 10 anni al 2,06%. Ieri, era risalito sopra il 2,30%, ai massimi da un mese.

Si direbbe che Lagarde abbia colpito ancora. In assenza di dati macro significativi pubblicati dopo il board BCE, l’unica spiegazione che possiamo fornire a questo saliscendi dei mercati è che siano in preda alla confusione. Una confusione generata dal messaggio contorto proprio di Christine. La francese ha detto tante cose in conferenza stampa. Che i tassi andranno alzati ulteriormente contro l’alta inflazione, che il rialzo dei tassi dello 0,50% non è un “impegno al 100%” e che l’economia nell’Area Euro rallenterà.

Lagarde mette confusione ai mercati

In teoria, avremo dovuto assistere a un rafforzamento del cambio euro-dollaro e una lievitazione dei rendimenti sovrani. Invece, il primo arretra e i secondi salgono. E ne emerge un quadro contraddittorio. Se l’euro s’indebolisce, significa che il mercato avverte una BCE relativamente più accomodante della Federal Reserve per i prossimi mesi. Ma se così fosse, come spiegare il “sell-off” sui bond? L’unico modo per mettere insieme le due dinamiche sarebbe immaginare che l’inflazione resti alta con una BCE che smette di alzare i tassi in primavera. Ciò starebbe spingendo gli investitori a pretendere rendimenti più alti e a vendere euro contro dollari.

E perché la BCE cesserebbe quanto prima la stretta con un’inflazione ancora elevata? La risposta si chiama recessione. Ad essere onesti, gli ultimi dati macro segnalano un minore rischio. Il PIL tedesco è diminuito dello 0,2% nel quarto trimestre del 2022, quello italiano solo dello 0,1%. Tuttavia, la ripresa sarebbe già in corso, per quanto flebile. Sta di fatto che dopo il discorso di Lagarde, il mercato starebbe scontando con maggiori probabilità lo scenario di una stagflazione. Non era stato questo l’intento del governatore, che puntava semmai a mostrare i denti per far capire a chi di dovere quanto incondizionata sia la lotta all’inflazione. Ancora una volta, un fiasco sul piano comunicativo. E questa è l’unica costante ormai divenuta prevedibile dopo la fine del mandato di Mario Draghi.

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