Partiamo da una buona notizia per il settore delle gemme: per la prima volta da oltre un anno, De Beers, l’ex monopolista del mercato, è riuscito ad aumentare i prezzi fino al 2% in una vendita di diamanti effettuata questa settimana. Si tratta di un timido segnale di ripresa, considerando che nel 2015 i prezzi sono diminuiti del 15% e a gennaio di quest’anno risultavano ancora in calo del 7%. Come dimostra PolishedPrice.com, il prezzo dei diamanti è oggi inferiore a quello del 2006.

In altri termini, in un decennio, le pietre preziose hanno fatto passi indietro, quando i beni di lusso hanno visto aumentare il loro valore di mercato mediamente al di sopra dei tassi d’inflazione. Per non parlare dell’oro, le cui quotazioni sono quasi raddoppiate nell’arco dello stesso tempo. Tornando a De Beers, l’ultima volta che l’unità di Anglo American Plc era riuscita ad aumentare i prezzi dei diamanti all’asta era nella seconda metà del 2014. Sembrano lontani i tempi floridi del suo monopolio, quando con una serie di campagne pubblicitarie azzeccate e che sono rimaste vive nell’immaginario collettivo, riusciva a chiedere ai clienti qualsivoglia cifra. “Un diamante è per sempre” era lo slogan dello spot trasmesso nell’intero pianeta. E come dimenticare Marilyn Monroe, che definì i diamanti “i miei migliori amici”?

Domanda diamanti in calo tra giovani

Tempi passati, perché l’affacciarsi della concorrenza con l’arrivo del nuovo Millennio ha sparigliato le carte. Una maggiore offerta sul mercato ha ridotto il potere di fissazione dei prezzi delle compagnie attive nel settore, ma qualcosa sembra essere cambiato anche dal punto di vista dei gusti dei consumatori. Il prossimo giugno, a Las Vegas, l’Associazione Produttori Diamanti svelerà la sua prima campagna pubblicitaria non appoggiata da De Beers, un evento quasi storico. Le nuove strategie di marketing stanno partendo dallo studio dei gusti dei cosiddetti “millenials”, ossi dei giovani nati dal 2000 in poi.

Sì, perché se fino a non molti anni fa sembrava normale sfoggiare il proprio status indossando un diamante, adesso le ricerche degli stessi produttori avrebbero trovato che la cosa risulterebbe alquanto ridicola ai giorni d’oggi, anche perché tra i giovani esisterebbe sia un minore interesse nello spendere il proprio denaro per acquistare un gioiello, sia una minore capacità di spesa.    

Campagna pubblicitaria nuova su diamanti

I giovani (americani, ma considerazioni simili valgono altrove) appaiono oggi, spiega lo studio, più indebitati, con minori possibilità di acquistare una casa o anche una macchina, figuriamoci se trovano il modo di investire in un diamante. A ciò si aggiungerebbe anche una loro preferenza maggiore delle generazioni passate per le vacanze o altri tipi di spesa legate all’edonismo. Infine, si consideri che la nuova generazione sembra attraversata da un senso più spiccato di uguaglianza, per cui in pochi si sognerebbero di indossare un gioiello per segnalare il loro status sociale elevato. Sono considerazioni amare per l’industria dei diamanti, che non dispera e si pone semmai l’obiettivo di rendere appetibile l’acquisto delle pietre, puntando su un’immagine rinnovata e più in linea con i tempi. Ma serve, appunto, una strategia mediatica diversa, mentre ha dimezzato negli anni Duemila il suo budget per le campagne pubblicitarie a circa 100 milioni di dollari all’anno. Più in generale, serve anche un diverso approccio al mercato, se è vero che il tentativo di trasferire i maggiori costi ai grossisti alle aste in India – paese, in cui viene tagliato il 90% dei diamanti al mondo – è finito con la minaccia di questi di disertare le vendite e un conseguente crollo dei prezzi. Insomma, né grossisti, né consumatori sembrano intenzionati ad acquistare diamanti a qualsiasi prezzo.

Nel frattempo, De Beers, che resta leader del mercato mondiale, ha tenute le prime due delle dieci aste annuali di gemme preziose, incassando 540 milioni a gennaio e 610 milioni a febbraio. Alrosa insegue con 780 milioni complessivi delle prime due offerte.