Che la crisi economica in Italia abbia provocato un vero dramma per il mondo del lavoro lo sapevamo già, ma i dati freddi fanno sempre molta impressione, specialmente quando risultano peggiori di quanto già immaginassimo. Ieri, le previsioni di Confindustria sul pil nel biennio in corso hanno occupato la quasi totalità degli spazi sulla stampa, ma nessuno ha forse messo in risalto uno dei dati citati dagli industriali: dal 2008 ad oggi, il numero di coloro che risultano in cerca di un posto di lavoro è esploso del 78,1%, arrivando alla bellezza di 7,9 milioni di persone (leggi anche: Crescita italiana ferma da 15 anni).

Il dato è ottenuto dalla somma tra i 3 milioni di disoccupati, i 2,7 milioni di part-time involontari (quelli che vorrebbero lavorare a tempo pieno, ma trovano solo un impiego parziale) e gli 1,4 milioni di cosiddetti “inattivi”, ovvero coloro che non cercano attivamente un lavoro, tanto da non risultare per le statistiche “disoccupati”, ma di fatto sarebbero disponibili a lavorare.

Crisi lavoro nei dati

All’interno del dato in sé già drammatico s’inserisce quello dei disoccupati di lunga durata, ossia di quanti cercano un lavoro da almeno 12 mesi: ammontano a 1,8 milioni di persone, il 60% del totale, risultando di un milione in più rispetto al 2008. E a conferma che il dilagare del part-time sia legato alle scarse opportunità lavorative presenti sul nostro mercato vi è anche il raddoppio del numero dei lavoratori impiegati a tempo parziale. Lo stesso numero degli inattivi è cresciuto di oltre 400.000 unità.

Dunque, tra il 2008 e oggi, il numero dei disoccupati è aumentato di circa 1,5 milioni, quello dei part-timers involontari di 1,3 milioni e degli inattivi di 400.000. Numeri, che difficilmente potranno essere recuperati con una crescita debole, come quella di questi ultimi anni.

 

 

 

Senza crescita, Jobs Act non può fare di più

Sempre per Confindustria, quest’anno il tasso di disoccupazione medio sarà dell’11,5%, scendendo di poco all’11,2% nel 2017.

Entro la fine del prossimo anno, il numero degli occupati dovrebbe salire a 23,9 milioni di unità, ma restando di 1,28 milioni al di sotto del livello pre-crisi, in risalita di 730.000 unità rispetto al 2013, quando è stato toccato il punto più basso con la crisi.

D’altronde, Confindustria ha parlato chiaro: di questo passo, torneremo ai livelli di ricchezza pre-crisi solo nel 2028, cioè dopo ben 21 anni, quando già ne abbiamo persi ad oggi una quindicina dall’inizio del Millennio, non crescendo, contrariamente alle altre economie europee. Con il Jobs Act sono stati creati 430.000 posti di lavoro, di cui l’80% a tempo indeterminato. Un mezzo miracolo in tempi di crescita zero, ma nemmeno la migliore legge del mondo potrebbe fare di più, se la produzione non cresce. D’ora in avanti rischiamo una pericolosa inversione di tendenza (leggi anche: Crisi lavoro, numeri sotto governo Renzi)