Si mostra abbastanza stabile in avvio di giornata il cambio euro-dollaro oggi a 1,12293, in calo dell’1,3% rispetto all’apice del mese di 1,1378, toccato l’8 giugno scorso. Eppure, rispetto all’inizio del mese, la moneta unica si è apprezzata di oltre mezzo punto percentuale contro il biglietto verde, segno che il rischio Brexit starebbe avendo ancora un impatto limitato su di essa.

Eppure, se tra meno di una settimana, i sudditi di Sua Maestà decidessero di lasciare la UE, le ripercussioni sul cambio euro-dollaro potrebbero essere immediate e anche violente.

Non vi è dubbio, spiega Valentin Marinov, Head of G10 Forex Strategy di Credit Agricole, che nel caso l’euro sarebbe tra le valute perdenti. Sì, ma in che misura?

Parità euro-dollaro possibile con Brexit

Una possibile risposta ce la fornisce Nick Parsons della National Bank of Australia, secondo cui il cambio euro-dollaro sprofonderebbe verso la parità nel caso di Brexit, prevedendo che la sterlina crolli a 1,28 contro il dollaro da 1,4255 attuale. Ciò implicherebbe, quindi, una perdita del 10%, che si rifletterebbe inevitabilmente anche sulla moneta unica, che sarebbe considerata l’altra valuta da cui fuggire, a causa dei timori sulla tenuta della UE in generale e dell’Eurozona, in particolare.

In realtà, molto dipenderà anche dalla Federal Reserve. L’altro ieri, il governatore Janet Yellen è sembrato escludere un aumento dei tassi USA anche a luglio, cosa che ha indebolito il dollaro, che questo mese cede quasi il 2% contro le principali valute del pianeta, tre volte tanto le perdite accusate contro la moneta unica, a conferma che quest’ultima stia sottoperformando contro il biglietto verde nelle ultime settimane, proprio a causa del rischio di una fuoriuscita del Regno Unito dalla UE.

 

 

 

 

Senza Brexit, si tornerà a guardare a Fed-BCE

E cosa accadrà, invece, se la Brexit sarà evitata? E’ probabile che l’euro rimbalzi contro le principali valute, ad eccezione della sterlina, con cui scambia oggi a 0,7880, ma con la quale potrebbe riportarsi sin da subito ai livelli precedenti alla pubblicazione dei sondaggi negativi sul referendum, ovvero sotto 0,76, il rapporto vigente tre settimane fa.

Senza più il rischio Brexit, la guidance per i mercati tornerà ad essere il grado di divaricazione delle politiche monetarie tra Fed e BCE. La prima troverebbe una maggiore spinta ad alzare i tassi almeno a settembre (la Brexit è uno dei rischi “esterni” incombenti sull’economia americana e di cui l’istituto ha avvertito) e ciò limiterebbe i guadagni della moneta unica, specie se a Francoforte venissero segnalati possibili nuovi stimoli.

Quanto agli altri cambi principali, il venir meno del pericolo di una frantumazione europea spingerebbe l’euro verso 1,10 contro il franco svizzero e lo yen verso 110 contro il dollaro. Attenzione, però, perché l’Europa passa da un’emergenza a un’altra. Subito dopo il referendum sulla Brexit, si tengono il 26 giugno le elezioni politiche in Spagna ad appena sei mesi dal rinnovo infruttuoso del Parlamento di Madrid. E si annunciano nuove tribolazioni.