Dall’inizio dell’anno, i titoli delle 17 banche italiane quotate in borsa hanno perso mediamente il 40%. Già questo dato ci dovrebbe fare comprendere la portata della crisi a cui assistiamo ormai senza significative interruzioni da almeno 6 mesi. Tenete presente che nello stesso periodo, Piazza Affari ha perso meno intorno al 18,5%, che non è poco, ma pur sempre meno della metà di quanto abbiano “bruciato” le banche.

Il bilancio resta negativo per gli istituti anche dalla nascita del fondo Atlante, verso cui tutte le istituzioni sprecano parole di elogio, ma che non è stato evidentemente in grado di ristabilire la fiducia sul mercato, se è vero che dalla sua istituzione ad oggi i titoli bancari sono scesi di oltre il 5%.

Crisi banche, le dichiarazioni di Padoan

Nei giorni scorsi, in occasione della lettura delle Dichiarazioni Finali, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha espresso il suo favore verso Atlante, in linea con la posizione anche della Commissione europea. E nel rimarcare il ruolo positivo dell’entità partecipata dai principali istituti bancari e assicurativi italiani, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che insieme al premier Matteo Renzi ne ha orchestrato la nascita, nel corso di un’intervista resa a TG Sky 24 ha dichiarato che “senza Atlante avremmo rischiato una crisi di sistema”.

La dichiarazione, in sé improvvida, ci segnala due cose: che il sistema bancario italiano avrebbe rischiato e continua a rischiare il collasso e che Atlante starebbe servendo a impedire un tale evento. Non è una vera novità, visto che gli stesso dirigenti del fondo, depositando il prospetto informativo alla Banca d’Italia in aprile, avevano scritto che l’obiettivo dell’entità sarebbe di impedire una pericolosa crisi del sistema bancario italiano, che sarebbe potuta scaturire dal flop delle operazioni di ricapitalizzazioni delle banche più deboli (Popolare di Vicenza e Veneto Banca).

 

 

 

Sofferenze bancarie, ad Atlante servono nuove risorse

Il problema è, però, un altro: se davvero le banche italiane rischiano il collasso, è credibile che a evitare questo disastro ci possa pensare un “fonduccio” da poco più di 4 miliardi di capitale? No, come dimostra un’altra dichiarazione, quella resa il venerdì scorso dal presidente della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, regista della nascita di Atlante, che partecipando al Festival dell’Economia, dopo avere rivendicato i 536 milioni messi sul piatto dalle fondazioni bancarie, ha chiesto che il fondo reperisca nuove risorse, ma chiedendoli a soci nuovi, non a quelli attuali, i quali già la loro parte l’avrebbero fatta.

Guzzetti ha mostrato di avere le idee chiare, quando ha sostenuto che a metterci i soldi dovrebbero essere ora le banche straniere, specie americane, perché con i bond collocati sul mercato dal Tesoro italiano ci guadagnerebbero molto e “se il sistema bancario italiano non si salva non guadagnano più”. Le nuove risorse, ha continuato, dovranno servire per rilevare le sofferenze sul mercato.

Verso un altro flop con Veneto Banca

Anche il presidente della Cariplo ci segnala un paio di cose. Per prima, che ha un’idea abbastanza originale di come sistemare i conti delle banche italiane, ovvero quasi costringendo gli investitori stranieri a sobbarcarsi del peso, altrimenti non potrebbero continuare a fare soldi come ad oggi con i nostri bond. Secondariamente, ci conferma la previsione nera di una crisi bancaria alle porte, che evidentemente non sarebbe stata evitata da Atlante, se è vero che sarebbe ancora possibile (parole sempre di Guzzetti), se non si trovassero nuove risorse per alimentare il fondo.

La matematica, d’altronde, non è un’opinione, nemmeno in tempi di “flessibilità” sui conti. Su 4,25 miliardi di capitale di cui è dotato, Atlante ne ha già impiegati 1,5 per ricapitalizzare la Popolare di Vicenza e dovrà utilizzarne un altro miliardo per Veneto Banca, dato che appare poco probabile che il mercato partecipi per quel 25% minimo necessario per dare corso all’IPO a Milano.

 

 

 

Crisi sistema bancario vicina con fallimento di tutti gli interventi

Considerando che agli aumenti vengono dedicati poco più di 3 miliardi, ne restano altri 600-700 milioni, spiccioli insomma. Con i restanti 1,25 miliardi si dovrebbe sostenere un mercato dei crediti in sofferenza dal potenziale di 83 miliardi di euro netti. Con tutta la leva finanziaria immaginata, non è realistico ipotizzare che una tale cifra smuoverà granché.

Non può che destare preoccupazione il fatto che, a distanza di poco più di 6 mesi dal salvataggio di quattro banche minori (Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti), il governo abbia sbandierato come soluzione ai problemi dapprima la garanzia pubblica sulle sofferenze (Gacs), il cui impatto sui prezzi dei crediti a rischio sarebbe stato nullo, mentre successivamente, fiutato il flop, ha orchestrato un’operazione di sistema, che stando alle ultime dichiarazioni degli interessati avrebbe anch’esso fallito nell’obiettivo. Resta solo la consapevolezza di essere vicini a una crisi del sistema bancario, fino ad oggi negata da governo e banchieri stessi. Non ultimo, Visco ha minimizzato nel suo ultimo intervento ufficiale la portata del problema delle sofferenze.