Capodanno ha portato una cattiva sorpresa, pur annunciata, per milioni di automobilisti italiani. Tutto ad un tratto, il prezzo di benzina e diesel è lievitato di 18 centesimi al litro. La novità è arrivata per effetto dell’azzeramento del taglio delle accise, deciso dal governo Meloni con la legge di Bilancio per il 2023. L’esecutivo aveva già ridotto lo sconto che il governo Draghi varò nel marzo scorso per 25 centesimi al litro più IVA per un risparmio complessivo di 30,5 centesimi a favore degli automobilisti.

Un mese fa, il taglio delle accise era stato ridotto di circa 12 centesimi. Con ieri, risulta azzerato. Per lo stato si tratta di un risparmio stimabile in quasi 9 miliardi all’anno, qualcosa come 730 milioni al mese. Un maggiore gettito, a parità di consumi, preziosissimo per le finanze pubbliche in una fase particolarmente complicata.

Taglio delle accise deciso in emergenza

Perché il governo ha deciso di eliminare il taglio delle accise? Quando fu introdotto, la situazione in Italia era notevolmente peggiore. Stando ai dati del Ministero dello Sviluppo, il prezzo di un litro di benzina superava nella media mensile di marzo i 2 euro. In numerose stazioni di servizio si notarono tabelloni con prezzi fino a 2,20 o persino 2,40 euro al litro. Sui mercati c’era molta tensione per lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Il governo Draghi decise di varare uno sconto senza precedenti, similmente a quanto fatto da altri governi europei per offrire sollievo alle famiglie.

Il taglio delle accise sarebbe dovuto durare per poche settimane. Tuttavia, di proroga in proroga l’esecutivo lo ha mantenuto attivo integralmente fino a inizio dicembre e parzialmente fino all’altro ieri. Per nostra fortuna, però, la situazione si è evoluta favorevolmente. Rispetto ai 120 dollari al barile a cui erano esplose le quotazioni del Brent nel marzo scorso, adesso queste viaggiano sopra 85 dollari.

Nelle sedute precedenti, erano scese fin sotto 80 dollari. Il cambio euro-dollaro, sprofondato fino a un minimo di 0,95, ormai si attesta in area 1,07. Più forte l’euro, minore il costo del greggio importato (in dollari).

Benzina meno cara dai picchi del 2022

Tenuto conto di questi dati, possiamo stimare in quasi 85 centesimi al litro il costo della materia prima comprensivo di IVA ai picchi di marzo 2022. Attualmente, tale costo risulta sceso intorno ai 62 centesimi. Siamo a -20/-25 centesimi dai massimi, per cui grosso modo l’azzeramento del taglio delle accise è stato neutralizzato dal mercato. Lo segnalano anche i prezzi medi alla pompa per la benzina. Al termine della settimana scorsa, si aggiravano a 1,6250 euro al litro, quasi 40 centesimi in meno dai picchi del 2022.

Certo, saremmo stati contenti se il taglio delle accise fosse stato reso definitivo. Tuttavia, le casse dello stato non consentono una simile misura per il momento. C’è anche da dire che lo sconto sul carburante, se da un lato non poteva che essere accolto favorevolmente per il sollievo ottenuto dalle famiglie, dall’altro non ha aiutato a ridurre la domanda di greggio e, quindi, i prezzi. Finché i consumatori non avvertono gli effetti dei rincari, la domanda resta grosso modo invariata e i produttori di petrolio possono permettersi di sbeffeggiare i loro clienti tenendo bassa l’offerta e alti i prezzi. I rincari diventano a carico degli stati, cioè dei contribuenti. E questo non è un bel modo di gestire l’economia. Gli automobilisti avevano solo avuto l’illusione di pagare di meno il carburante, mentre in realtà hanno continuato a pagarlo a prezzo pieno in qualità di contribuenti.

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