E’ stato riformato più volte nel corso degli ultimi 25 anni e quest’anno si è tenuto in modalità particolari, causa Covid-19. L’esame di maturità non smette di alimentare polemiche, anche perché sale il numero di chi ritiene che abbia perso quasi ogni significato pratico. E non hanno aiutato i voti ottenuti dai candidati quest’anno, in netta crescita rispetto al 2019, nonostante gli studenti non abbiano potuto frequentare in classe gli ultimi tre mesi di lezioni, arrangiandosi con quelle tenute online dai docenti.

Nella fascia 91-99 si sono diplomati il 15,9% contro il 9,7% dello scorso anno. Ha preso un voto sopra 80 centesimi circa la metà dei candidati (49,6%) contro meno di un terzo (32,8%). Insomma, è stata tutta una farsa?

Maturità, solo commissari interni

Esistono diverse ragioni per obiettare che l’esame di stato sia diventato inutile o almeno che le modalità di svolgimento siano opinabili. Da una parte, la commissione mista tra docenti interni ed esterni e presieduta da un esterno dovrebbe garantire equilibrio di giudizio, dall’altro si rischia che gli esterni vadano a rimorchio dei giudizi espressi dei colleghi interni, essendo questi ultimi i soli a conoscenza del percorso scolastico dei candidati.

Dall’anno prossimo, i crediti formativi ottenuti nell’ultimo triennio dallo studente saliranno a 40 in tutto, mentre verrà abolita la terza prova scritta – il famoso “quizzone” – con 60 punti complessivamente ottenuti in fase di esame, 20 per ciascuna prova scritta e i restanti 20 con la prova orale.

Insomma, l’esame di maturità o di stato che dir si voglia si mostra un delicato equilibrio tra l’esigenza di giudicare lo studente sulla base del suo percorso scolastico e quella di sottoporlo a giudizio tramite una serie di prove finali e somministrate da docenti anche esterni. Già, ma a che pro? Il voto finale forse non ha più granché senso nei tempi di oggi, anzi non avrebbe alcun senso la validità legale del titolo di studio.

Se ci affidassimo alle conoscenze e non al semplice pezzo di carta per partecipare a un concorso pubblico, tutti noi, dai genitori agli studenti, passando per docenti e presidi, avremmo la necessità di porre maggiore accento sulla qualità dell’offerta formativa e non sulla sua formalità.

L’importanza dell’esame di maturità

Tuttavia, questo è un altro discorso. L’esame di maturità, chiacchierato che possa essere, rimane un momento importante nella vita di circa mezzo milione di studenti ogni anno in Italia. Esso è un rito storico che segna la fine dell’adolescenza e l’inizio della “maturità”, intesa come fase della vita in cui bisogna iniziare sul serio a prendersi le proprie responsabilità, che si decida di continuare a studiare o si entri nel mondo del lavoro. E non è poco in un Paese come il nostro, dove mancano momenti comuni di ufficialità, persino un po’ retorici – diciamolo senza problemi – e in cui ognuno tende ad arrangiarsi per conto proprio.

I riti formano una Nazione, con i loro appuntamenti fissi, le tappe prestabilite e i sentimenti comuni che creano tra gli addetti ai lavori. Se abolissimo l’esame di maturità, agli studenti non lasceremmo nulla al suo posto e li priveremmo di un’esperienza, che formale o meno che sia, di fatto segna il passaggio tra una fase della vita all’altra e che dai diretti interessati viene vissuta con intensità, partecipazione e spesso anche spirito di competizione. Probabile che serva a poco, che sia persino ingiusto valutare un candidato dopo 5 anni di scuola solamente per pochi minuti di esame orale e dopo un paio di prove scritte. Ma forse non è così anche nella vita? Ai colloqui di lavoro si ha per caso l’opportunità reale di farsi conoscere o si viene giudicati sommariamente da un addetto alla selezione, spesso più annoiato che attento? E le relazioni sociali, economiche e personali non nascono in molti casi dalla superficialità di un attimo? In questo senso, l’esame di maturità è metafora di ciò che attende lo studente uscendo dalle scuole superiori.

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