Scontro tra governo e PD sulla proposta, ancora non ufficiale, del segretario Matteo Renzi di abolire il canone Rai. Venerdì, il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, ha definito l’iniziativa “una presa in giro”, replicando su Twitter al deputato renziano Michele Anzaldi che si tratterebbe semplicemente di una partita di giro, nel caso in cui la tassa fosse sostituita da un contributo statale. Calenda rileva come sarebbero, comunque, soldi dei contribuenti, per cui con una mano si toglie e un’altra si da.

Immediata la replica della cerchia renziana, che fa notare al ministro come con un taglio della spesa pubblica di 1,5 miliardi, il balzello potrebbe essere eliminato senza costi per l’utente-contribuente. (Leggi anche: Privatizzare la Rai: perché Calenda ha ragione)

Quello di Renzi sarebbe il primo colpo mediatico del PD in campagna elettorale, anche se rischia di tradursi in un boomerang. Il suo governo è ricordato proprio per avere introdotto il canone Rai in bolletta, di fatto rendendo quasi impossibile evaderlo. Quand’anche fosse realmente sostituito da un pari taglio della spesa pubblica, verrebbero meno risorse per i cittadini, i cui risparmi potrebbero essere utilizzati per altre finalità, compresa la riduzione di altre imposte. Per i renziani, adesso la TV pubblica è diventato un “diritto dei cittadini” e punterebbero anche a innalzare il tetto pubblicitario per Viale Mazzini, in modo che essa possa finanziarsi maggiormente con gli introiti della pubblicità.

Renzi spera di risalire la china dei sondaggi, quando ormai il PD sembra una margherita senza petali, spoglia di alleati e con consensi nettamente al di sotto del 25%, secondo le rilevazioni, alcune delle quali decretano persino un crollo sotto quota 23%, mentre il Movimento 5 Stelle viaggia sempre a poco meno il 30% e il centro-destra nel suo insieme sarebbe sopra il 35%. Tuttavia, quella del Nazareno potrebbe essere una mossa più politica che elettorale, ovvero avrebbe come obiettivo Silvio Berlusconi.

Il messaggio minaccioso a Berlusconi

I rapporti con il leader di Forza Italia sarebbero praticamente inesistenti da tempo. Si racconta che a Natale, Renzi abbia telefonato ad Arcore, ma dall’altra parte della cornetta non avrebbe risposto nessuno. E allora, cosa di meglio che seminare panico in casa Berlusconi, facendo temere per i propri interessi economici? L’abolizione del canone Rai sarebbe un avvertimento abbastanza evidente all’ex premier: se mi ignori, io posso farti male. La conferma? L’innalzamento del tetto pubblicitario in Rai. In questo modo, la domanda degli inserzionisti potrebbe spostarsi parzialmente da Mediaset alla TV pubblica, penalizzando la prima, che spunterebbe prezzi più bassi per ogni spot mandato in onda, trovandosi contro una concorrenza più agguerrita delle reti Rai. Il mese scorso, il numero due di Cologno Monzese, Piersilvio Berlusconi, aveva auspicato l’esatto contrario, ovvero che la Rai cessasse di fare pubblicità, almeno in alcune fasce orarie, sostenendo che la TV pubblica sarebbe l’unica in Europa ad affidarsi per le entrate sia al mercato, sia al canone coattivo. (Leggi anche: Canone Rai, Piersilvio Berlusconi: basta pubblicità)

Dunque, Renzi è consapevole che Berlusconi non potrebbe inseguirlo sul punto, perché andrebbe contro i propri interessi. E, però, avrebbe lo stesso ragione Calenda: o si privatizza la Rai, oppure l’abolizione del canone sarebbe solo una presa in giro. Vedremo quale effetto avrà il lancio del sasso nello stagno elettorale, se destinato a provocare onde che si propagano sempre più o se la proposta verrà archiviata tra le boutades di inizio campagna. Un fatto è certo: il PD manca di una bussola funzionante, se è vero che è passato dall’essere in pochi mesi il partito del “paghino tutti il canone” a quello di “nessuno paghi più il canone”. Dalla minaccia (a Berlusconi) alla farsa il passo è stato breve.

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