La svolta di ieri sera alla Casa Bianca ha ribaltato l’umore dei mercati, passato dal pessimismo all’euforia nel giro di un secondo. L’indice S&P 500, che perdeva tra il 2% e il 3%, chiudeva la seduta a +9,51%. La notizia ha riguardato ancora una volta i dazi: il presidente Donald Trump ha sospeso la loro imposizione agli stati che non hanno reagito con ritorsioni a quelli americani. Per loro la tariffa sarà quella minima del 10% per i prossimi 90 giorni. Invece, sale al 125% per la Cina, che a sua volta aveva elevato all’84% la sua sulle merci americane. Si conferma così la vera strategia alla base degli annunci ormai quotidiani di Washington: disconnettere la Cina dal mercato globale.
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Trattative bilaterali al via
Procediamo con ordine. Ieri, Wall Street aveva aperto appena sopra la pari per ripiegare nel corso della seduta. Già nelle ore precedenti si erano registrate crepe all’interno dell’amministrazione americana. Elon Musk aveva bocciato senza appello l’approccio di Peter Navarro, consigliere del presidente sui dazi. Lo aveva definito “stupido”. E Bill Ackman, finanziere e sostenitore di Trump, aveva preso le distanze dal protezionismo di quest’ultimo, attaccando il segretario al Commercio, Howard Lutnick: “guadagna sui bond mentre l’economia implode”.
L’ennesima seduta storta per la borsa americana non poteva essere tollerata, specie con i rendimenti dei titoli di stato che salivano pericolosamente. Da cui l’annuncio-svolta del presidente. Che non segna ufficialmente alcun passo indietro nella sua strategia annunciata il 2 aprile scorso. I dazi vengono “sospesi” in attesa di un negoziato con ciascuno degli stati coinvolti.
Già una settantina, ha spiegato lo stesso Trump nel comunicato, hanno chiesto l’avvio di trattative. Tra questi ci sono Vietnam e Taiwan, che si sono offerti di azzerare i dazi sulle importazioni dagli USA.
E proprio ad Hanoi il consigliere Navarro aveva reagito negativamente, avvertendo che l’offerta non basti. A suo dire, c’è tra gli altri il problema delle merci cinesi dirottate nel Vietnam per aggirare i dazi americani. E qui si profilano i termini del possibile accordo UE-USA: Washington farebbe un passo indietro sui suoi dazi sulle merci europee, a patto che anche Bruxelles chiuda il suo mercato alla Cina. Cosa farà la Germania, che in questi decenni ha puntato proprio su Pechino per accrescere il proprio export? E da poco la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva parlato al telefono con il presidente Xi Jinping per concordare una strategia finalizzata a reagire ai dazi.
Europa al bivio
Insomma, l’Europa sarà chiamata a scegliere tra USA e Cina. La decisione non è scontata. L’élite comunitaria ha un forte pregiudizio anti-trumpiano e, soprattutto, ha impostato la sua politica da sempre sull’accoglimento della Cina nel mercato globale. Se n’è infischiata delle conseguenze per l’economia continentale. Nel frattempo, dall’ingresso nel WTO a fine 2001 l’economia cinese è cresciuta di quasi 14 volte per dimensioni, a fronte di un aumento delle esportazioni di merci in valore di 13,5 volte e delle importazioni di 10,6 volte.
Le prime in rapporto al Pil sono rimaste stabili attorno al 20% o poco meno, le seconde sono scese dal 18% al 14%.
L’anno scorso la Cina ha esportato merci per 3.580 miliardi di dollari, a fronte dei 2.083 miliardi degli USA. E con la grande differenza che la prima ha maturato un avanzo complessivo di 1.000 miliardi e l’America ha registrato un deficit di oltre 1.200 miliardi. Costruire una barriera di dazi attorno alla Cina servirebbe per disconnetterla dal mercato globale. Pechino non avrebbe modo di scaricare il suo surplus commerciale altrove, per cui dovrebbe semplicemente ridurre la produzione interna, che è notoriamente drogata da decenni di sovrainvestimenti. E questo porterebbe al freno della sua crescita economica, per non dire ad una lunga transizione verso un nuovo modello di sviluppo impostato sulla domanda interna.
Divisione del mercato globale
Gli USA di Trump faranno pesare la loro potenza, non soltanto economica, al tavolo delle trattative bilaterali. Metteranno in chiaro ad europei, indiani, canadesi, australiani, vietnamiti, brasiliani, messicani, ecc., che dovranno scegliere tra loro e la Cina. Ciò segnerà la divisione del mercato globale in due blocchi distinti. Si va profilando un nuovo ordine mondiale, dove gli USA tenteranno di ricacciare Pechino nella sua dimensione asiatica. Accetteranno che diventi una potenza regionale, non di più. E per tarparne le ali inizieranno a prosciugarle i mercati di sbocco per le sue abbondanti merci “cheap”.