Il giorno dopo l’annuncio dei dazi reciproci da parte del presidente americano Donald Trump, il cambio del dollaro s’indebolisce sui mercati internazionali. A metà seduta di oggi perde intorno all’1,90% e arretra ai minimi da 6 mesi. Dai massimi del 13 gennaio scorso, una settimana prima che s’insediasse la nuova amministrazione, il bilancio è del -7,5% contro la media delle altre valute mondiali. Contro l’euro scivola sopra 1,11. Agli inizi di quest’anno gli analisti scommettevano su una discesa fin sotto la parità per la prima volta dall’autunno del 2022 e la terza volta in assoluto dalla nascita della moneta unica.
Guerra commerciale negativa per Pil USA
Un cambio del dollaro debole riflette aspettative negative per l’economia americana. Il mercato avverte sostanzialmente che la “guerra commerciale” scatenata da Trump a colpi di dazi possa far diminuire i consumi interni, che pesano per quasi il 70% del Pil. A marzo, la fiducia dei consumatori americani è scesa a 92,9 punti per l’US Consumer Confidence Index, ai minimi da gennaio 2021.
Impatto su Eurozona
Che l’euro si rafforzi, può apparire per noi una buona notizia. Significa che le importazioni dall’estero costeranno un po’ di meno. E questo terrà a bada l’inflazione, consentendo alla Banca Centrale Europea di continuare a tagliare i tassi di interesse. Ma in una guerra commerciale il rafforzamento valutario può trasformarsi in un boomerang. Gli Stati Uniti con un cambio del dollaro più debole potranno esportare con più facilità anche laddove i governi imporranno dazi reciproci. Viceversa, i consumatori americani patiranno in misura maggiore l’effetto dei dazi sulle importazioni straniere. Il loro costo aumenterà ancora di più per l’effetto cambio.
L’obiettivo di Trump di attirare aziende straniere e rimpatriare le produzioni delle aziende americane sarebbe più alla portata. L’Eurozona con un euro più forte e dazi più alti avrebbe maggiori difficoltà a vendere sul mercato USA. Viceversa, i suoi consumatori potrebbero scansare almeno parte dei maggiori costi legati ai dazi che l’UE imporrà sulle merci americane. Risultato: una bilancia commerciale in deterioramento, caratterizzata da maggiori importazioni e minori esportazioni da e verso gli USA. Che è proprio quanto vorrebbe ottenere Trump da ciascuna economia del pianeta.
Cambio dollaro debole, possibile reazione banche centrali
C’è da dire che con il tempo le politiche monetarie riporterebbero le cose al loro posto. Cambio del dollaro più debole e possibile aumento dell’inflazione americana spingerebbero la Federal Reserve ad alzare i tassi, mentre la BCE sarebbe proseguirebbe nei tagli con maggiore conforto. E il cambio euro-dollaro si deprezzerebbe. Ma stiamo ragionando in maniera convenzionale, mentre siamo in “guerra”. La FED subirà pressioni dalla Casa Bianca per non alzare i tassi, anzi per riprendere i tagli e sterilizzare così le mosse delle altre banche centrali. A meno che la nostra BCE disponesse di margini così ampi da potersi permettere tagli imponenti ai tassi con cui reagire ai dazi a sostegno dell’economia. Per adesso non è la storia che racconta l’inflazione.