Si riunisce per la terza volta quest’anno il board della Banca Centrale Europea (BCE), presieduto da Christine Lagarde. Scontato il settimo taglio dei tassi di interesse. Se vi erano dubbi fino a poche settimane fa, tanto che da Francoforte si prospettava una pausa per aprile, questi sono stati spazzati via dai dazi di Donald Trump. Il cambio euro-dollaro è salito fino a quasi 1,15, ai massimi da oltre 3 anni. L’inflazione nell’Eurozona è scesa al 2,2% a marzo, mentre il dato “core”, al netto di energia e generi alimentari, è sceso al 2,4%, ai minimi da ottobre 2021. Altro dato interessante riguarda i servizi, i cui prezzi tendenzialmente sono risultati in crescita del 3,5%, ai minimi da giugno 2022.
Segnali di disinflazione nell’Eurozona
Ci sono segnali di disinflazione evidenti nell’area e la BCE di Lagarde non può permettersi di sbagliare. Soprattutto, nelle ultime settimane il petrolio è crollato da 75 a 65 dollari, mentre l’euro è salito ai massimi storici contro le principali valute mondiali. Nel frattempo, l’economia arranca e i venti di crisi soffiano in tutto il mondo tra dazi e incertezze geopolitiche. Ieri, un articolo di Bloomberg firmato da Marcus Ashworth chiedeva coraggio a Francoforte. Altro che taglio dei tassi dello 0,25%, bisognerebbe comunicarne uno di entità doppia.
Rischio errore per Francoforte
Gli analisti e lo stesso mercato, però, non scontano un maxi-taglio dello 0,50%. Semmai, hanno rivisto le loro previsioni a medio termine. Adesso, si aspettano che a fine anno i tassi nell’area scenderanno all’1,75% dal 2% atteso fino a poche settimane fa. Eppure per la BCE di Lagarde c’è il serio rischio di sbagliare ancora una volta. Tre anni fa, lo fece nel non capire che l’inflazione stesse esplodendo.
I tassi furono alzati in ritardo e lentamente. Il potere di acquisto delle famiglie andò a farsi benedire. La reputazione dell’istituto ne usciva danneggiata.
Adesso, esiste il rischio opposto di non vedere l’arrivo di una possibile fase deflattiva. La guerra dei dazi tende ad aumentare i costi delle importazioni, ma l’Unione Europea per il momento non sta alzando i suoi. La vera sfida sta avvenendo tra USA e Cina con la seria prospettiva che navi cariche di merci dai porti di Shanghai e Shenzen vengano dirottate in Europa, inondando il nostro mercato di prodotti a basso costo. D’altra parte, c’è il rischio opposto che il reshoring prenda il sopravvento su ciò che rimane della globalizzazione, aumentando strutturalmente e sin da subito i costi di produzione.
BCE di Lagarde al vaglio dei mercati
La cautela che la BCE di Lagarde ostenta, appare giustificata. Al contempo, può portare a diversi scompensi. Senza una riduzione dei costi di emissione, quasi nessuno stato europeo può permettersi di fare ulteriore debito per finanziare il riarmo. E l’eventuale divaricazione degli spread metterebbe a repentaglio la ripresa della fiducia nell’euro. Per non parlare dell’impatto potenzialmente devastante sui conti pubblici che avrebbe la deflazione.
La francese non sembra più quella del “non siamo qui a chiudere gli spread”. Eppure, una gaffe di questo pomeriggio non è esclusa. I mercati non perdonano.