La lista Falciani prende il nome dal suo creatore, Hervé Falciani, un funzionario italo-francese che nel 2009 consegnò al Fisco francese una lista di clienti della Hsbc di Ginevra. Nella lista c’erano clienti della banca di tutto il mondo, compresi circa 7mila italiani (Conti in Svizzera: 7mila italiani hanno nascosto capitali all’estero. Tutti i nomi della lista Falciani). Inizialmente il Fisco italiano non ha potuto utilizzare le informazioni di Falciani per la modalità con cui erano state acquisite: Falciani è accusato, in Svizzera di violazione di segreto bancario e della privacy dei clienti della Hsbc.

Falciani, infatti, aveva letteralmente sottratto le informazioni alla banca. Nel 2013 la Commissione tributaria di Varese aveva dichiarato che le informazioni di Falciani non erano utilizzabili anche perché sulle schede dei clienti non era presente nessun logo o intestazione che potesse ricondurre alla Hsbc, mancava quindi una prova documentale. Dopo il ricorso di un contribuente però, la sentenza d’appello confermerebbe quello che era già stato deciso in primo grado: Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza potranno avviare indagini sulla base delle informazioni ricevute e contenute nella lista Falciani.   Il segreto bancario, secondo i giudici, è venuto meno in Ue poiché è stata avviata la collaborazione tra Stati. Inoltre è stato stabilito anche che, nonostante la lista sia stata sottratta, questo non la dichiara automaticamente inutilizzabile grazie ad una sentenza precedente della Corte di Cassazione che stabilisce che “l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta l’inutilizzabilità”. Chi sono gli italiani nella lista? Secondo la Guardia di Finanza il 51% delle persone presenti nella lista sono imprenditori, il 15% casalinghe, il 14% professionisti, l’11% dirigenti di azienda, il 4,5% pensionati e il 2% studenti. Come si suddividono geograficamente gli italiani della lista Falciani? Il 63% dei contribuenti sono della Lombardia, l’11% del Lazio, il 7% del Piemonte, il 4,5% dell’Emilia Romagna, il 4% del Veneto, il 3,5% della Toscana, il 3% della Campania, il 3% anche delle Marche, il 2,5% del Trentino Alto Adige, l’1,5% del Friuli Venezia Giulia, 1,5% della Liguria e lo 0,5% della Puglia.