L’assegno della pensione di vecchiaia scende con l’età, paradosso del sistema previdenziale italiano

L'assegno con la pensione di vecchiaia si abbassa con l'aumentare dell'età del lavoratore, altro paradosso del nostro sistema previdenziale.
6 giorni fa
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L'assegno della pensione di vecchiaia scende con l'età
L'assegno della pensione di vecchiaia scende con l'età © Licenza Creative Commons

L’assegno della pensione in Italia è stato dell’importo medio di 1.227 euro al mese nel 2024 per le nuove erogazioni, salito a 1.237 nel primo trimestre di quest’anno. Il divario tra uomini e donne risulta cresciuto dal 29,1% al 31,97%. E’ quanto ha rilevato l’INPS nei giorni scorsi, registrando un crollo del 23,09% per i trattamenti anticipati nei primi tre mesi di quest’anno nel confronto con lo stesso periodo del 2024. La sostenibilità del nostro sistema previdenziale è minacciata dalla demografia: ci sono già da anni troppo poche nascite, che fanno intravedere pochi futuri lavoratori a fronte di un numero crescente di pensionati.

La buona notizia è che per il momento non c’è un vero allarme, dato che il rapporto tra lavoratori e pensionati in Italia sfiora quell’1,50, che, stando ai calcoli, garantirebbe la tenuta del sistema.

Assegno pensione con metodo contributivo

Ma la previdenza italiana è piena di paradossi e uno di questi riguarda il calcolo dell’assegno per la pensione. Con il metodo contributivo, ossia che lega l’importo mensile ai contributi effettivamente versati all’INPS, siamo portati a credere che più sia alta l’età pensionabile e maggiore l’assegno. E’ grosso modo vero, ma con una penalizzazione a carico proprio di coloro che lasciano il lavoro più avanti con l’età. Vediamo come funziona esattamente.

La parte dell’assegno per la pensione calcolata con il metodo contributivo (totale per coloro che hanno versato il primo contributo a partire dall’1 gennaio del 1996) si ottiene moltiplicando il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione. Il montante non è altro che la somma dei contributi versati negli anni dal lavoratore, rivalutati in base all’andamento del Pil nominale medio nel quinquennio precedente. In pratica, più l’economia italiana cresce (o anche solo l’inflazione) e maggiore la rivalutazione dei contributi.

Una volta che il lavoratore fa richiesta di andare in quiescenza, questa somma dovrà essere convertita per determinare l’assegno per la pensione mensile. Come?

Aggancio all’aspettativa di vita

E qui spuntano i sopra citati coefficienti di trasformazione, che per il biennio 2025-2026 sono quelli riportati nella tabella di cui sotto. Questi numeri, apparentemente fissati a casaccio, tengono conto dell’aspettativa di vita di un neopensionato all’età in cui si trova. In pratica, lo stato considera il fatto che, ad esempio, se vai in pensione a 67 anni i tuoi contributi dovranno essere “spalmati” per un numero di anni più basso rispetto a chi va in pensione a 60 anni. Questo, perché la durata di vita residua è inferiore nel primo caso. Ovviamente, parliamo di statistica. Sappiamo fin troppo bene che puoi andare in pensione a 70 anni e vivere fino a 100 anni, mentre il tuo vicino di casa è andato in pensione a 60 anni ed è morto il giorno dopo.

Coefficienti di trasformazione
Coefficienti di trasformazione © Licenza Creative Commons

Paradosso dei coefficienti di trasformazione

In effetti, l’assegno per la pensione è calcolato secondo questo ragionamento. A 67 anni il coefficiente di trasformazione attualmente è pari al 5,608%, mentre a 60 anni è del 4,536%. Questo significa che un montante contributivo di 300.000 euro varrà 16.824 euro di pensione lorda all’anno nel primo caso (5,608% di 300.000) e solo 13.608 euro nel secondo.

Esattamente gli stessi contributi versati. Tuttavia, a 60 anni il neopensionato riceverà un importo del 18,6% più basso rispetto al collega che ha deciso di andare in pensione a 67 anni. Ed è normale che sia così. A 60 anni si avrà la speranza di restare in pensione per 7 anni in più rispetto a chi va in pensione a 67 anni.

Fin qui, tutto in apparenza logico. Tuttavia, se fate un semplice calcolo, otterrete un risultato anomalo. Suddividete 100 per i coefficienti di cui sopra. Nel caso dei 67 anni, avrete 17,83. Nel caso dei 60 anni, avrete circa 22,05. Cosa significano questi numeri? A 67 anni state ricevendo un assegno per la pensione, calcolato come se dovreste vivere per altri 17,83 anni, cioè fino a quasi 85 anni (67 + 17,83). A 60 anni, invece, il vostro assegno sarà calcolato come se dovreste vivere per altri 22 anni, cioè fino a 82 anni e poco più. Ma questo implica che il neopensionato a 60 anni riceverà un importo sì inferiore al neopensionato di 67 anni, ma ad essere penalizzato nel calcolo attuariale risulterà il secondo e non il primo. In effetti, l’importo del primo è stato fissato come se dovesse vivere 4 anni abbondanti in meno.

Assegno pensione penalizzato al crescere dell’età

In altre parole, più bassa l’età pensionabile e meno il montante contributivo verrà spalmato. A cosa si deve tale paradosso? Lo spiega bene un articolo di Lavoce.info. In pratica, il legislatore non sa quale sia la reale aspettativa di vita per un neopensionato e si affida ai dati di coloro che sono nati nei decenni anteriori. E questo comporta un altro risultato indesiderato: poiché per fortuna la vita media di allunga, l’INPS è costretta a pagare un assegno per la pensione più alto di quanto dovrebbe, essendo tarato sui dati di quando i pensionati vivevano meno a lungo. E l’effetto benefico per i lavoratori aumenta con il diminuire dell’età pensionabile.

Addirittura, simulando un assegno per la pensione a 71 anni con sempre 300.000 euro di montante contributivo, l’importo annuo sarà di 19.530 euro. Esso è stato ottenuto immaginando un’aspettativa di vita fino a 86,36 anni, 4,3 anni in più rispetto a chi è andato in pensione a 60 anni.

Insomma, in Italia sembra che le leggi siano studiate a tavolino per mortificare chi lavora. Non chiediamoci perché la gente voglia approfittare di ogni scappatoia per andare in pensione prima dell’età ufficiale. Da noi premi e disincentivi funzionano al contrario.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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