Accesso domiciliare per controlli fiscali: resta valido anche se autorizzato male (Cassazione)

La Cassazione chiarisce che l’irregolarità dell’accesso domiciliare non compromette l’utilizzo dei dati nel processo penale.
1 settimana fa
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accesso domiciliare controllo fiscale
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Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti importanti in merito all’efficacia probatoria delle attività ispettive svolte dalla Guardia di Finanza, anche in presenza di vizi formali riguardanti l’autorizzazione all’accesso domiciliare.

Con la sentenza n. 9140 del 5 marzo 2025, i giudici di legittimità hanno affrontato una questione cruciale: l’impatto, sul piano penale, delle irregolarità legate alla procedura amministrativa dell’accertamento fiscale.

Accesso domiciliare: il contesto giudiziario

Il caso trattato ha origine da una condanna pronunciata dal Tribunale di Cuneo nei confronti di un imprenditore, socio di maggioranza in una società in nome collettivo, accusato di aver falsamente dichiarato, nella dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2012, un imponibile notevolmente inferiore a quello realmente percepito.

La condanna è stata poi confermata dalla Corte d’Appello di Torino, che ha ritenuto legittima l’attività investigativa condotta dalla Guardia di Finanza, fondata su una specifica autorizzazione.

L’imputato ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando, tra gli altri motivi, l’utilizzabilità dei dati raccolti durante l’accesso domiciliare. Secondo la difesa, l’autorizzazione rilasciata per l’utilizzo delle informazioni fiscali si riferiva esclusivamente a una persona fisica e non alla società, rendendo a suo dire invalida l’intera attività ispettiva.

La natura amministrativa dell’accesso domiciliare

Nel rigettare il ricorso, la Corte Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’accesso domiciliare effettuato nell’ambito di verifiche tributarie ha una valenza esclusivamente amministrativa. Un esempio recente che si sta verificando è l’accesso a casa per i controlli fiscali sui forfettari (partita IVA).

Esso non può essere assimilato alle operazioni di polizia giudiziaria previste dal codice di procedura penale.

In altre parole, anche qualora l’autorizzazione prevista dall’articolo 52 del DPR n. 633/1972 presenti vizi formali, ciò non comporta automaticamente l’inutilizzabilità delle prove nel procedimento penale.

La Suprema Corte ha infatti sottolineato che la disciplina riguardante l’autorizzazione all’accesso domiciliare si colloca nel contesto delle norme tributarie e non in quello del diritto processuale penale. Tale distinzione implica che eventuali difetti formali relativi al permesso di ispezione non pregiudicano la validità delle prove ai fini dell’accertamento del reato.

L’autonomia del processo penale rispetto a quello tributario

La Cassazione ha fatto riferimento anche a precedenti decisioni (come le sentenze n. 14278/2022, n. 6798/2015 e n. 12017/2007), confermando l’autonomia concettuale e procedurale tra accertamento fiscale e indagine penale. È stato affermato che i risultati raccolti nel corso delle ispezioni tributarie possono costituire fonte di notitia criminis, ovvero segnalazione iniziale di un possibile reato, utilizzabile legittimamente in sede penale.

Questo principio vale anche qualora l’autorizzazione all’accesso domiciliare fosse ritenuta invalida ai fini dell’accertamento tributario. Infatti, l’eventuale nullità degli atti amministrativi non si estende automaticamente agli elementi probatori nel processo penale, che risponde a regole autonome. Si rafforza, così, il principio di separazione tra le due sfere: quella tributaria e quella giudiziaria.

Irregolarità formali: limiti e conseguenze

La Corte ha precisato che un’irregolarità nella procedura di accesso non incide sulla possibilità di utilizzare i dati acquisiti nel contesto processuale penale.

Anche l’eventuale carenza di motivazione da parte del giudice di secondo grado sull’impiego delle risultanze fiscali, come lamentato dalla difesa, non è stata ritenuta determinante ai fini della legittimità della decisione.

L’argomento trova fondamento nel fatto che la funzione dell’accesso domiciliare, in ambito tributario, è di natura esplorativa e amministrativa. Essa non è soggetta alle stesse garanzie e formalismi previsti per l’attività d’indagine condotta dalla polizia giudiziaria. Di conseguenza, la doglianza circa la presunta esclusione della società dal perimetro dell’autorizzazione all’accesso non ha inciso sull’idoneità probatoria dei dati raccolti.

Le implicazioni per contribuenti e difensori della sentenza sull’accesso domiciliare

La pronuncia della Cassazione rafforza una linea interpretativa secondo cui le garanzie formali previste dalle norme fiscali non possono essere utilizzate strumentalmente per neutralizzare gli effetti di un’attività ispettiva. In sostanza, la validità dell’accertamento tributario può essere contestata in sede amministrativa o davanti al giudice tributario, ma ciò non esclude che gli stessi dati possano legittimamente alimentare un procedimento penale.

Per i contribuenti, questo orientamento rappresenta un monito: l’accesso domiciliare, anche se condotto con autorizzazione eventualmente irregolare, può comunque condurre a conseguenze penali rilevanti, qualora emerga una condotta evasiva. Per i difensori, invece, la sentenza costituisce un’importante precisazione circa i confini entro i quali è possibile invocare la nullità probatoria basata su vizi formali delle autorizzazioni ispettive.

Conclusioni: tra tutela del contribuente e esigenze investigative

La sentenza n. 9140/2025 contribuisce a definire un equilibrio tra le esigenze di tutela dei diritti del contribuente e quelle di efficacia dell’azione investigativa. L’accesso domiciliare resta uno strumento delicato, la cui regolamentazione deve bilanciare il rispetto delle garanzie individuali con la necessità di contrastare comportamenti evasivi.

Con questa decisione, la Corte di Cassazione conferma che, sebbene l’irregolarità dell’autorizzazione possa rilevare nel procedimento tributario, essa non compromette la possibilità di utilizzare i dati così acquisiti in ambito penale. Una distinzione netta che rinforza il ruolo dell’accesso domiciliare come snodo cruciale, ma non esclusivo, nel sistema integrato tra amministrazione finanziaria e giustizia penale.

Riassumendo

  • La Cassazione distingue tra accertamento tributario e procedimento penale.
  • L’accesso domiciliare ha natura amministrativa, non giudiziaria.
  • Vizi formali dell’autorizzazione non invalidano il processo penale.
  • I dati fiscali raccolti restano utilizzabili in sede penale.
  • La notitia criminis può nascere da accertamenti fiscali, anche irregolari.
  • Contribuenti e difensori devono considerare l’autonomia delle due procedure.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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