La crisi dell’automotive europeo colpisce ancora. Questa volta a finire sotto i riflettori è un marchio tedesco storico, noto per aver attraversato diverse epoche dell’industria automobilistica con prodotti riconoscibili e soluzioni tecnologiche che ne hanno fatto, almeno per un periodo, un nome rispettato nel panorama internazionale. Eppure, nemmeno il supporto cinese è bastato per salvare l’azienda dal collasso. Il caso è emblematico non solo per il fallimento in sé, ma anche per il contesto in cui è avvenuto: la trasformazione dell’auto in chiave elettrica, la concorrenza asiatica e la progressiva erosione del prestigio del “Made in Germany”.
Il marchio in questione è Borgward, fondato nel lontano 1919, rinato nel 2015 con ambizioni moderne e chiuso nel 2024 dopo anni di difficoltà economiche e mancanza di una visione sostenibile.
La resurrezione del brand era stata orchestrata grazie al sostegno del gruppo cinese Foton, parte del colosso BAIC, con l’intento di entrare nel mercato europeo cavalcando l’eredità tedesca. Ma il rilancio si è rivelato un’illusione. Una combinazione di errori strategici, scarso appeal commerciale e un mercato sempre più competitivo ha decretato la fine del sogno.
Marchio tedesco fallisce, ecco cosa è andato storto
Il progetto Borgward sembrava ben congegnato sulla carta. Foton aveva rilevato il nome e aveva iniziato a produrre SUV dal design europeo, come il BX5 e il BX7, che cercavano di posizionarsi nella fascia media-alta del mercato. I modelli venivano prodotti in Cina ma venduti con il marchio tedesco, puntando sull’effetto nostalgia e sulla fiducia nel prodotto germanico.
Tuttavia, la realtà è stata ben diversa. Le vendite non sono mai decollate, neanche in patria.
In Germania, i consumatori si sono mostrati scettici: da un lato, il brand non aveva sufficiente continuità storica per attrarre davvero; dall’altro, la produzione cinese sollevava dubbi su qualità e affidabilità. In Cina, invece, il marchio tedesco non aveva il carisma dei grandi nomi europei come BMW, Mercedes o Audi.
A peggiorare le cose, è intervenuta l’incapacità di differenziarsi. I veicoli Borgward non offrivano reali innovazioni tecniche e il loro design risultava spesso generico, privo di un’identità forte. Anche la rete di distribuzione era limitata: l’assenza di un supporto post-vendita efficiente e la mancanza di una strategia digitale incisiva hanno reso il marchio poco competitivo in un’epoca in cui la customer experience è fondamentale.
Quando un marchio tedesco fallisce, fallisce anche un’idea di Europa
La vicenda Borgward si inserisce in un quadro più ampio. Il fallimento del marchio non è un caso isolato, ma l’ennesimo segnale di un sistema in difficoltà. Il settore automobilistico europeo sta vivendo una transizione complessa: elettrificazione, normative sempre più restrittive, costi energetici elevati e concorrenza esterna. Mentre marchi cinesi come BYD o NIO crescono a ritmi impressionanti, le case europee fanno fatica ad adattarsi, specialmente le piccole realtà o i brand rianimati artificialmente.
Il sogno di rilanciare vecchi nomi gloriosi attraverso capitali stranieri ha mostrato tutti i suoi limiti.
Borgward, in particolare, ha rappresentato il tentativo di vendere un’identità tedesca prodotta altrove, un compromesso che il pubblico ha percepito come forzato. La promessa di qualità teutonica è risultata svuotata, e il legame con la Cina non ha aggiunto alcun valore percepito, anzi: ha alimentato dubbi e diffidenza.
Inoltre, il fallimento di Borgward rappresenta anche una lezione per il mercato europeo. Il solo patrimonio di marca non basta più. Non è sufficiente avere un logo storico se non si accompagna a una strategia coerente, a un prodotto competitivo e a una reale capacità di rispondere ai bisogni di mobilità contemporanei.
Marchio tedesco fallisce: e ora cosa succede?
La liquidazione di Borgward è stata ufficializzata da un tribunale di Pechino. Dopo vari tentativi di trovare nuovi investitori e rilanciare il brand, il processo è giunto a una conclusione definitiva. Non ci saranno nuovi modelli, né nuove produzioni. L’esperienza si chiude qui, con molte domande aperte su ciò che potrebbe accadere ad altri marchi in bilico, magari oggi sostenuti da fondi internazionali ma in bilico tra glorioso passato e incerto futuro.
Ciò che resta è un monito: la forza di un marchio non risiede solo nella sua storia, ma nella sua capacità di parlare il linguaggio del presente. E oggi quel linguaggio è fatto di elettrificazione, sostenibilità, design riconoscibile e servizi digitali avanzati. Senza tutto questo, nessun nome può reggere l’urto della modernità, nemmeno se viene dalla Germania.
Riassumendo.
- Un marchio automobilistico tedesco con radici nel 1919 ha chiuso i battenti dopo un tentativo di rilancio con capitale cinese.
- Il progetto non ha convinto il mercato europeo né quello asiatico, rivelando debolezze strategiche e di branding.
- Il caso Borgward evidenzia la difficoltà per l’automotive europeo di rimanere competitivo senza innovazione concreta.