Tiene banco la questione dell’aumento di 3 mesi dei requisiti di accesso alle pensioni nel 2027. La materia previdenziale, al momento, non presenta grandi novità, ed è per questo che l’attenzione si concentra tutta sulla possibile revisione dei requisiti di accesso alla pensione, che, a causa dell’incremento dell’aspettativa di vita, dovrebbe entrare in vigore nel 2027. Nel frattempo, arrivano segnali di conferma, sebbene non ancora ufficiali, perfino all’interno del nuovo Documento di Economia e Finanza, in merito a una possibile sterilizzazione dell’aumento da parte del governo.
Ma alla fine, per quanto riguarda le pensioni, l’aumento dei requisiti nel 2027 ci sarà oppure no?
Pensioni, aumento dei requisiti dal 2027: ecco perché sì e perché no
Da dove nasce la possibilità dell’aumento dei requisiti per andare in pensione a partire dal 2027? Molti si chiedono perché, periodicamente, i criteri per accedere alla pensione – sia per l’età anagrafica della pensione di vecchiaia sia per l’età contributiva delle anticipate – tendano a salire.
La risposta è semplice: tutto dipende dall’aspettativa di vita della popolazione, ovvero da quanto a lungo si vive in media. Questo dato, stabilito dall’ISTAT in base all’andamento demografico, incide su due fronti distinti:
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Il calcolo economico delle pensioni
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Il diritto all’accesso alla pensione
Il calcolo delle pensioni e come incide l’aspettativa di vita degli italiani
Partiamo dall’aspetto economico. Quando l’aspettativa di vita cresce, per le pensioni contributive le regole di calcolo diventano meno vantaggiose. Il motivo è chiaro: se le persone vivono più a lungo, l’INPS deve erogare le pensioni per un periodo maggiore.
Per contenere questa spesa, gli importi pensionistici vengono ridotti, così da compensare la maggiore durata dell’erogazione.
Il calcolo della pensione, basato sul montante contributivo, viene quindi penalizzato attraverso coefficienti di trasformazione meno favorevoli. Un esempio recente: dal 1° gennaio 2025, i coefficienti di trasformazione sono stati ridotti proprio perché l’aspettativa di vita a 65 anni è aumentata di 7 mesi, come confermato dall’ISTAT.
I coefficienti di trasformazione sono parametri moltiplicativi che si applicano al totale dei contributi versati (e rivalutati all’inflazione) per determinare l’importo mensile della pensione. Vengono aggiornati ogni biennio: se la vita media aumenta, diventano meno vantaggiosi; se cala, migliorano.
Dopo la pandemia, ad esempio, i coefficienti erano aumentati. Dal 2025, invece, sono calati. Il risultato? A parità di anni di contributi, età di uscita e montante, chi va in pensione tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026 percepirà un assegno più basso rispetto a chi si è ritirato tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2024.
Pensioni, aumento dei requisiti dal 2027 collegato alle aspettative di vita della popolazione
Anche i requisiti per l’accesso alla pensione si adeguano ogni due anni in base all’aspettativa di vita. Ma c’è una particolarità importante: quando l’aspettativa di vita cala, i requisiti non si abbassano automaticamente.
Lo dimostra quanto accaduto durante la pandemia: nonostante la significativa diminuzione della vita media (calata di 4 mesi), l’età pensionabile è rimasta fissata a 67 anni.
Oggi, però, l’ISTAT conferma che a 65 anni l’aspettativa di vita è cresciuta di 7 mesi. Tolti i 4 mesi persi durante la pandemia, si ottiene un aumento netto di 3 mesi. Questo potrebbe portare, a partire dal 2027, a un innalzamento dell’età pensionabile e contributiva di 3 mesi.
Nello specifico:
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La pensione di vecchiaia passerebbe da 67 anni a 67 anni e 3 mesi.
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La pensione anticipata salirebbe a 43 anni e 1 mese di contributi.
Serve il decreto del governo: ecco da dove parte il tutto
Per attuare concretamente l’aumento dei requisiti, non bastano i calcoli tecnici – come quelli effettuati dalla Ragioneria Generale dello Stato – né i dati ISTAT. È necessario che il governo emani un apposito decreto attuativo.
Tale decreto deve essere approvato entro il 31 dicembre 2025, per consentire all’INPS di aggiornare i sistemi informatici e ricevere correttamente le nuove domande di pensione a partire dal 1° gennaio 2027.
Ma il decreto potrebbe anche bloccare l’aumento. Proprio come accade con i coefficienti di calcolo, l’incremento dei requisiti è giustificato dal fatto che l’INPS eroga le pensioni per un tempo più lungo. Di conseguenza, se si vive in media 3 mesi in più, l’accesso alla pensione è spostato in avanti di 3 mesi per non aumentare la spesa pubblica.
Tuttavia, se il governo decidesse di neutralizzare l’aumento, dovrebbe stanziare risorse economiche in bilancio, per compensare i maggiori oneri a carico dell’INPS. Solo così si potrebbe evitare l’adeguamento, mantenendo invariati i requisiti di accesso nonostante la maggiore longevità.