Attenzione, chi non usa il bancomat può finire nel mirino del Fisco. Come cantano i Pooh con il brano Chi fermerà la musica: “Ti ringrazio non hai sbagliato, mi hai dato contatto alla mia maniera, sospetto che stai per costarmi cara, l’aria è troppo chiara per nascondersi”.
Parole che molti contribuenti potrebbero dedicare al Fisco, il quale è continuamente al lavoro per scovare i furbetti. Tanti gli strumenti a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per combattere l’evasione fiscale.
Quest’ultima, d’altronde, continua ad essere una delle maggiori piaghe del nostro Paese e a pesare sul bilancio pubblico. Per questo motivo è importante che vengano effettuati dei controlli ad hoc.
Quest’ultimi vengono svolti negli ambiti più disparati e sono attivati anche a fronte dei più piccoli sospetti. Basti pensare che anche coloro che non usano il bancomat possono finire nel mirino dell’Agenzia delle Entrate. Ma per quale motivo? Entriamo nei dettagli e vediamo cosa sta succedendo.
L’Agenzia delle Entrate può controllare i movimenti finanziari
L’Agenzia delle Entrate ha il pieno potere di accedere ai dati dei conti correnti dei contribuenti ed effettuare ulteriori accertamenti nel caso in cui si accenda un campanello d’allarme. Per adempiere ai loro compiti gli uffici delle imposte possono eseguire accessi, ispezioni e verifiche ad hoc. In particolare, come si evince dal comma numero 7 dell’articolo 32 del Decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 29 settembre 1973, le autorità competente possono:
“7) richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, alle società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti”.
Se non usi il bancomat sei sospetto: ecco perché
Con la presunzione bancaria ogni movimento sul conto corrente è sospetto.
Ma non solo, a finire nel mirino sono anche i mancati movimenti. Poniamo il caso in un dipendente che ogni mese si vede accreditare lo stipendio sul proprio conto corrente. Per sostenere le varie spese quotidiane deve prelevare del denaro o quantomeno usare strumenti tracciabili, quali carte di credito o bonifici. Nel caso in cui ciò non avvenga, il Fisco può presupporre che il soggetto in questione attinga ad entrate extra non dichiarate.
Allo stesso modo ad insospettire il Fisco sono altri movimenti bancari, come prelievi frequenti o di importo elevato. Nel primo caso potrebbero indicare possibili pagamenti di lavori in nero, mentre nel secondo si può ipotizzare un possibile caso di riciclaggio.
Eventuali bonifici ricevuti con una causale poco chiara, invece, potrebbero ricondurre ad attività illecite o ad un lavoro in nero.
Allo stesso modo l’avere dei risparmi particolarmente elevati rispetto al reddito dichiarato fa pensare a possibili entrate non ufficiali.
I controlli, è bene sapere, non vengono effettuati nell’immediato. In particolare le verifiche su questi movimenti possono essere effettuati fino a 5 anni di attività per coloro che hanno presentato la dichiarazione dei redditi, ma non hanno indicato determinate voci. Per coloro che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi, invece, l’attività di controllo si può estendere fino a ben 7 anni.
Nel momento in cui scatta un accertamento fiscale, l’Agenzia delle Entrate provvede ad inviare al contribuente un questionario. Grazie a quest’ultimo il contribuente deve chiarire la provenienza del denaro. È infatti compito del soggetto interessato presentare la documentazione ad hoc per dimostrare di aver agito in modo legale.